Politica, politici, la risposta ad una domanda

Sono anni che se ne parla, siamo arrivati al luogo comune, politici corrotti, politici incapaci, metti politici su un foglio di carta oppure fai uscire la parola in una frase e quello che segue è un insulto. Gli stessi politici parlano della loro categoria, casta, sottospecie, negli stessi termini che usa il cittadino comune, ne senti uno e pare sia proprio come te, ne senti un'altro e pure quest'altro pare sia proprio come te. Le tasse? Colpa dei politici: quelli di prima grida uno, quelli di adesso grida l'altro, e qualcuno aggiunge che se anche ne verranno dei nuovi

non potranno aggiustare quello che hanno fatto quelli di prima e quelli di adesso. Però quelli di adesso si indignano per quello che hanno trovato,anche quelli di prima si indignano per quello che trovarono, quelli di domani si indigneranno per quello che troveranno. Il risultato sarà uno specie di stallo alla messicana però arricchito di volta in volta con altre parole, altre recriminazioni, promesse, impegni solenni. Viviamo così l'epoca della politica che nega se stessa e si sostituisce con la frase ad effetto in centoquaranta caratteri, col servizietto televisivo, col tran tran che genera nel cittadino l'effetto acquario: guardi uno spettacolo, avverti del rumore di sottofondo, non capisci, continui a guardare e ogni tanto, quando stai più incazzato strilli e te la prendi col primo che capita. Poi dopo l'eccitazione data dal fattaccio ancora l'acquario, ancora il sottofondo cacofonico, le voci suadenti e quelle stridule mischiate da un dj perfido e sconosciuto.

Uno si butterebbe a sinistra se non subentrasse la paura dell'abisso.

Già, di questo vorrei dire.

Non criticherò nessuno o nessuna, non me la prenderò con partiti o partitini, con esponenti o esponentini, considero le forze politiche e i loro dirigenti il frutto di un processo lungo e, forse, inesorabile.

La mia tesi è la seguente: la sinistra, lo so che è troppo generico ma al momento accontentiamoci, non sa più qual'è il proprio soggetto generatore, se la storia è storia di lotta di classi, se le classi si danno la loro rappresentazione politica, se questa rappresentazione politica interagisce dialetticamente con la classe che la fa sorgere ebbene questa relazione fra classe sociale e forza politica si è inceppata, la forza politica si è autonomizzata e ora si trova dentro un bosco in una notte scura. Dove è scritto forza politica si può usare il plurale, nessuno si offenderà, anche questa è storia del nostro paese e di tutti i paesi, si il tono è vagamente retrò, si ne è passata acqua sotto i ponti ma se usate questo argomento, aprite un account da centoquaranta caratteri e fate a gara a chi ottiene più seguaci. Intendiamoci potete usare qualunque argomento, ma voglio aggiungere una semplificazione al pistolotto che precede: la domanda a cui una forza politica deve rispondere è, secondo me, la seguente: per chi?

Il tale provvedimento non va bene. Per chi? La tale politica non va bene? Per chi? Vogliamo queste modifiche. Per chi? Vogliamo una nuova politica. Per chi? Vogliamo un nuovo modello di sviluppo. Per chi?

Si può andare avanti ma se uno risponde: per tutti, vuol dire che è fuori strada, mica siamo tutti nelle stesse condizioni. Una cosa buona per un pezzo di società può non essere buona per un altro, indifferente per un altro ancora. Se uno risponde: per quelli che che stanno male io mica tanto lo capisco, se facciamo una graduatoria di chi sta male economicamente, socialmente, non la finiamo più e finisce che la mia amica che è passata dal contratto pubblico a quello privato sta meglio di chi è rimasto precario oppure è stato licenziato. Cosa vera per carità ma abbastanza pelosa, come la carità appunto perché tocca la sorte della singola persona e non riguarda la politica che invece si occupa degli affari generali. Mi scuso anche qui, occuparsi degli affari generali non significa dire ad ogni piè sospinto e davanti ad ogni fatto concreto che il problema è ben altro, no,no. Significa inserire la vicenda di ognuno dentro una prospettiva generale cioè in un posto nel quale il lavoratore dipendente, il precario, il disoccupato si possano trovare insieme e ognuno di loro possa pensare che la propria sorte avrà esito positivo se sarà unita a quella degli altri. Ecco, io penso che la prospettiva non possa essere acquistare una schedina, un gratta e vinci et similia, non penso che la prospettiva sia quella di andare dietro a quello che ti racconta una storiella al giorno, a quello che ha una ruspa al posto del cuore, a quello che la spara più grossa, a quello che ci ha insultato negli ultimi vent'anni, credo che l'acquario sia sopportabile se dentro ci sono i pesci e non se i pesci siamo noi.


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