Violenza sulle donne, esperienza concreta al bar Villanova - cosimo arnone -

"Pocalu', ma che è sta storia che voi anna' a mena' a quello? "
Lo sciancato portava il solito Campari corretto al gin, poco gin però,c'è grossa crisi diceva sempre, quando, specialmente Patata rognava

maledicendo le patatine rinsecchite. Pocaluce era serio, s'era saputo dunque, raccolse una patata, la schiaccio fra i denti, non fece crik ma era salata, almeno quello.
" Pata', me so rotto er cazzo, so tre vorte che Samantha se nasconne 'a faccia perché quer cornuto nun je da pace."
Patata sapeva tutto, un po' tutti al bar di Villanova sapevano di Samantha e Bruno, figliodellalupa, cosi chiamato perché conosceva pezzi dei discorsi del Duce sentiti in casa coi dischi di zio Benito. Ogni volta che parlava con qualcuno finiva sempre che litigava e doveva chiudere con la storia della spada che difende l'aratro, ma non l'aveva capita bene neanche lui, che infatti, non sapeva cosa fosse un aratro. Certo, Bruno era grosso. Era proprio grosso e s'era tagliato i capelli a zero. Samantha s'era innamorata di questa palla di muscoli, ma il vero perchè non l'aveva mai capito nessuno dei pischelli che c' erano cresciuti insieme, e che tutti insieme c'avevano provato. Pocaluce di più, si capisce, quando sei cecato t'attacchi agli odori e Samantha profumava.
Sia come sia, Samantha, un bel giorno s'era stufata dei comportamenti di Bruno e l'aveva lasciato, come lo stronzo che era, in mezzo la strada, davanti a tutti. Figliodellalupa, prima aveva abbozzato, per qualche giorno girava abbacchiato, cercava d'offrire ad ognuno che incontrava una sigaretta, non parlava di spade e d'aratri, se ne stava accucciato come un cane mezzo denutrito, su una sedia scompagnata lontana dall'ingresso del bar e dallo sciancato. Lo sciancato si sapeva come la pensava, lo faceva bere, ma niente confidenza.
Poi all'improvviso era tornato Bruno, il solito. Aveva cominciato a fare telefonate mute a Samantha, poi a seguirla quando prendeva l' autobus o tornava a casa. Infine, quando la fermò la prima volta, tutto precipitò: il primo schiaffo e poi gli altri. Poi la seconda volta sulle scale del dottore, e, infine, ancora sotto casa, davanti alla sora Assunta.

Era stata Assunta a confidarsi con Ines, da li la voce a Pocaluce che comunque era guercio, mica scemo. L'aveva capito da solo, che le cose non andavano come dovevano andare. Anche se nessuno gli diceva niente, per rispetto.
"Lo sfonno, lo sfonno" – diceva fra se e se e, ora che Patata l'aveva svagato, lo diceva pure al Patata.-
Lo sciancato, zitto, stava  di lato con in mano il vassoio marcato Peroni la tua bionda.
Patata non è mai stato un tenero, c' aveva un codice tutto suo riducibile ad una semplice espressione: fasse li cazzi propri.
" A'n parmo dar culo mio se ponno ammazza'" ripeteva  ogni volta che si raccontava un fatto del quartiere, ancora di più se si parlava di  politica.
Pocaluce era amico suo, ma  contro figliodellalupa non avrebbe avuto nessuna speranza, quello era grosso questo era cecato, non sarebbe stata una partita, lo avrebbero raccolto con la paletta a Pocaluce.
"Pocalu' sentime a me, io te vorrebbe aiuta', ma come famo?  Primo, nun so cazzi nostri, secondo quello è grosso, tocca portasse 'a zaccagna, terzo si se mette storta che cazzo famo?"
Disse Patata con sofferenza, era dispiaciuto, ma la colpa era pure di Samantha se si era messa con quel bufalo deficente.
" Lo sfonno, lo sfonno, quer pezzo de merda" - questo ripeteva Pocaluce guardando Patata e il bicchiere ormai vuoto e sporco  di quel rosso non commestibile.
Diede un occhiata al cameriere con lo stecchino fra i denti, come per dire: che me ne porti un altro?
Lo sciancato allungò il passo per prendere il Campari, stavolta senza gin, lo posò sul tavolino tondo, sciancato pure lui, e disse la sua, era fiero di se: "Pata' speramo pe na bona volta che te casca l'uccello e nun te lo po' raccoje nessuno, che ognuno, come te, se facci li cazzi sua. Continuamo così ognuno pe conto suo. Startro becalino che vo' fa er giustiziere". Ma 'ndo cazzo annate ognuno pe conto suo o ar massimo un cecato e l'amichetto suo, bono a fasse i stereo dentro e macchine che ancora cellanno. Ma annatevela a pia' 'nder culo a passo de carica."
Patata era disorientato, Pocaluce con il tremolio alle labbra, un movimento sbagliato e  il posacenere, una volta bianco, cade per terra, la cenere e sette, otto mozziconi si spargono sul pavimento. 'Na scopa, serve 'na scopa - grida lo Sciancato - e infatti la scopa arriva, la impugna Ines.
Ines viene dal Quadraro vecchio, vivino all'Arco de Travertino, peserà novanta chili ma è tutta compatta, porta la coda di cavallo, i capelli un po neri, un po bianchi e un paio di baffi che non si è mai voluta togliere, da quando Calogero un nano pugliese, tanti anni prima, al circo, in occasione del numero dei cani ammaestrati, aveva lodato le donne baffute.
"Sor Artu', noi annamo stasera."
Lo disse spavalda, neanche li considerava gli altri due, si allontanò con le chiappe che ballonzolavano altere.
"Stasera ce se vede sotto casa der pezzo de merda, l'hanno deciso 'e donne, si staveno aspetta' a noi, campa cavallo." - L'elogio delle donne fu spontaneo da parte dello Sciancato, aveva sempre usato le maniere forti, ma stavolta era più convinto del nuovo metodo - Poi le indicazioniu pratiche:
"Niente zaccagnate, niente botte, annamo tutti dietro Ines. Banana porta l'Apetta co 'a monnezza, je riempimo casa e a machina. Se ne deve anna' co e bone, a deve smette de annusa' Samantha. Tanto e guardie nun hanno fatto gnente, dovemmo fa da soli. Però tutti insieme, i cazzi de uno devono esse i cazzi de tutti. Da soli se sta male e continuamo a pialla 'nder culo da tutti, a comincia dai pezzi de merda come quer pelato de fijo daa lupa. Deve da capì che contro 'a gente unita, nun po' fa un cazzo lui e tutti amici sui pelati." Banana comparso all'improvviso e felice fece la chiosa: " stasera e donne strilleno come Otarie pe mannallo affanculo, me diverto uguale ma loro se diverteno de più quanno strillano pe me"

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