Era il novembre del 2010 quando ricevetti una telefonata mentre tornavo da una città del nord dove ero andata a fare un'assemblea.
"Salve mi chiamo E. e sono un cassaintegrato che sta facendo un tirocinio al Tribunale di V. Voglio sapere cosa può fare la cgil per noi."
Mentre la linea cadeva in continuazione gli dissi che si poteva fare molto poco, che per il Ministero della giustizia loro erano di passaggio e assolutamente invisibili, visto che effettuavano un tirocinio in virtù di una convenzione con la provincia di Roma. Negli uffici giudiziari di Italia la carenza di personale è tale che negli ultimi anni sono state escogitate varie forme di reclutamento tampone, dai carabinieri in pensione ai lavoratori cassaintegrati e in mobilità tirocinanti, di fatto pagati con i fondi sociali europei, ma utilizzati come veri e proprio dipendenti di ruolo.
Tuttavia il ragazzo che era dall'altra parte della telefono continuava a insistere, ripetendo che era impossibile che la CGIL, proprio la CGIL, non potesse fare nulla per proseguire la collaborazione di questi lavoratori, per restituirgli la dignità di un lavoro.
Con quelle parole mi convinse e cominciò l'avventura.
Al principio questi lavoratori non erano organizzati, ma fortemente motivati e, nel giro di poco, crearono un coordinamento e avviammo la vertenza che all'inizio sembrava senza speranza.
Iniziammo con i sit-in, incontri con parlamentari e rivendicazioni al Ministero: nessuno ci stava a sentire.
Poi però ci furono le elezioni amministrative in qualche comune del Lazio e riuscimmo a ottenere, con una abile operazione politica, la prosecuzione del tirocinio per un altro anno sotto l'egida della regione Lazio, come non era avvenuto in nessuna altra parte di Italia. Primo piccolo risultato.
I ragazzi, si fa per dire visto che tra loro c'è anche qualcuno vicino alla pensione, sono caparbi e determinati, con la spinta motivazionale più grande, che è quella di conquistarsi un posto nella società in cui essere ed esprimere la propria personalità, così come stabilisce l'art. 4 della nostra Costituzione.
Il lavoro, perno della società, un diritto, non una opportunità.
E così non abbiamo mollato: insieme ad un gruppetto dotato dell'inclinazione naturale a coinvolgere gli altri, abbiamo proseguito la lotta.
Abbiamo fatto di tutto: richieste di incontro,manifestazioni, occupazioni di sedi di partito, funerali della giustizia e flash mob davanti al Ministero di via Arenula. Durante un flash mob se non fosse stato per la saggezza dimostrata da D., dotato di spirito diplomatico più della sottoscritta, forse il poliziotto mi avrebbe arrestato per oltraggio a pubblico ufficiale.
Ma quando la lotta ha queste motivazioni, non è possibile sottrarsi, e la determinazione di questi lavoratori, la loro voglia di dignità e di lavoro, non era un fatto privato ma un obiettivo, una di quelle spinte che è alla base dell'attività sindacale. Quando la lotta non è più quella di D. o di E. ma è quella di tutti, è la tua lotta.
E dunque avanti con la vertenza, quasi senza speranza: l'obiettivo era quello di rendere la loro collaborazione alle dirette dipendenze del Ministero, per avviare un percorso virtuoso che non disperdesse la loro preziosa formazione e desse loro una opportunità contrattuale futura.
La loro forza, così dirompente, è riuscita a colpire il cuore di alcuni parlamentari del partito democratico del gruppo giustizia, che hanno preso in carico la questione e, a un certo punto, la legge di stabilità è uscita dalla camera dei deputati con un emendamento che prevedeva un contratto per questa categoria di lavoratori. Certo i soldi erano pochi, solo 500.000 euro che, sì e no, bastavano per una trentina di contratti a sei mesi.
Ma quella era la breccia, era un inizio, un inizio di visibilità per questi lavoratori. E dunque è iniziato il lavoro sinergico, di tutti, per aumentare la copertura al senato e, a quel punto, anche il Ministero, nella persona di un sottosegretario, ha cominciato ad interessarsi a questi lavoratori, trovando una copertura di 7.500.000 di euro.
E l'emendamento è passato con la legge di stabilità licenziata qualche giorno fa: adesso la formazione di questi lavoratori passa dagli enti locali al Ministero e dal 2013 questi lavoratori cominceranno ad esistere.
E' un obiettivo importante, raggiunto anche grazie alla collaborazione dei capi degli uffici giudiziari del Lazio che hanno fatto pressioni per tenersi questi lavoratori, ma è solo l'inizio di un cammino verso una forma contrattuale tra quelle previste dalle norme vigenti.
La strada è lunga, e la lotta deve continuare, ma questi risultati contribuiscono a motivare il nostro lavoro ed a aumentare la nostra fiducia. Troppo spesso negli ultimi anni ci siamo sentiti isolati, inascoltati e delusi. Questa vicenda alimenta la nostra forza, la nostra voglia di continuare a lottare.
La funzione principale di un sindacato è proprio questa, quella di interpretare la lotta dei lavoratori ed arrivare a un risultato.
In questo caso ce l'abbiamo fatta, anche se siamo all'inizio, perché con noi ci sono stati i lavoratori, protagonisti, determinati, convinti della giustezza del loro obiettivo.
Siamo stati al loro fianco, siamo diventati una cosa sola con loro, e questo ci ha dato e ci dà forza.
Dobbiamo ringraziarli: loro sono il senso del nostro lavoro.
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erreerre (giovedì, 27 dicembre 2012 17:16)
Sei sicura che sia un successo? Questi lavoratori, necessari al funzionamento della giustizia, saranno sottopagati, fantasmi, che ogni anno dovranno lottare per esistere ai margini di un mondo del lavoro che sulla carta prevede ben altri diritti. Saranno lavoratori senza diritti né dignità sociale (quella personale per fortuna nessuno gliela può togliere, e odieranno gli altri lavoratori, quelli con tredicesima, FUA, riqualificazione.
La battaglia vera è il concorso per assumere il personale necessario al funzionamento della Giustizia. E sperare che i migliori fra loro vincano. Un successo è la guarigione e non la cronicità.
riccioli d'oro (giovedì, 27 dicembre 2012 22:56)
Il successo è parziale, ed è il primo passo per toglierli dall'invisibilità che li ha caratterizzati negli ultimi due anni. Il prossimo paso è un contratto a tempo determinato secondo le norme che regolano il,pubblico impiego. Il concorso è quello che perseguiamo da anni per loro e per altri, ma mi sembra inutile spiegare che la mancanza di questo non è dipesa da noi. La lotta è stata vera e dura, e loro sapevano che la strada era lunga ma hanno voluto tenacemente perseguirla. credo che sminuire una lotta cne ha portato ad un primo risultato non sia giusto, soprattutto per loro.
erreerre (domenica, 30 dicembre 2012 02:52)
Non voglio sminuire la fatica necessaria per raggiungere questi piccoli risultati. Mi preme sottolineare l'assurdo di un mondo del lavoro in cui regnanoi precari con condozioni fra loro diversissime. Sul posto di lavoro non è facile stare seduti di fianco a questi lavoratori, è imbarazzante sapere che sono senza futuro e senza diritti.