Prima il lavoro, l'orgoglio di Luciana

La casa decorosa in un quartiere come ce ne sono tanti, un rapido sguardo sui citofoni, con un po' di tremore il dito premette il pulsante, interno 3. Un vestito ordinato, i capelli appena fatti, sbarbato. Giorgio, un uomo sulla quarantina, stava per presentarsi ai genitori di Luciana. Ormai, dopo tredici anni di fidanzamento, era ora di mettere le cose in chiaro, pensare al futuro. Luciana stava sulla porta, usciva odore di cucinato, anche lei in ordine, gonna nera, camicetta bianca, tacco medio, trucco leggero. Un bacio veloce. Dal nulla compare Otello, il padre di Lucianina, il viso tondo, un po' più largo che alto, i peli del petto che escono dalla canottiera su cui campeggia la scritta: fragile. Cordiale, per carità però quelle braccia da carrozziere non promettono niente di buono, nel quartiere lo chiamavano spezzaferro.

La stretta di mano confermò che il soprannome era meritato.

Otello  fece entrare Giorgio, la tavola era apparecchiata, fece capolino dalla cucina Luisa, la mamma di Luciana. Otello non disse nulla, alzò un sopracciglio. Luisa sparì dietro il polpettone, Luciana la seguì. Giorgio non era tranquillo, Otello gli diede una manata sulla spalla e disse: "parlamo n'attimo prima che arrivano le donne. Allora, je voi bene a Lucianina mia?"

"Si, certo" – rispose – Giorgio.

"Bravo, bravo,  - le manone da carrozziere di Otello si posarono come un maglio sulle spalle del futuro genero, a Giorgio stava venendo il singhiozzo, Otello si alzò e chiese: "vuoi un goccio, prima che arriva l'antipasto?"

" No, signor Otello che poi ci sto male."

" Va bene, io un goccio me lo faccio. Allora Giorge' nun me ricordo, che lavoro fai?"

"Sto al ministero sor Ote', nun fate finta de nun sapello.""

"Speravo avessi trovato un lavoro sicuro, ecco tutto," - rispose il carrozziere.-

"Ma è un posto sicuro!  - Giorgio rispose con un soffio.-

"Famme capì regazzi' er contratto de lavoro hanno smesso de rinnovallo, t'hanno levato puro l'indennità de, comecazzosechiama,vacanza contrattuale, te danno 'a pagella come ai ragazzini piccoli, tutti dicheno se sete fannulloni, e infatti se ve leveno i sordi, se nun ve rinnoveno er contratto, un motivo ce sarà. Si, lo so che tu sei bravo, ma mo ho sentito dì che c'avete l'esuberi come l'Alitalia. Come cazzo fai a dì che c'hai un lavoro sicuro? Ho sentito che chiudono l'uffici e ve trasferiscono, se te sposi e sottolineo se, che famo? Te ne devi anna', Luciana torna co noi e tu vieni ogni tanto. Come adesso, ber progresso sto sposalizio. Ber guadagno der cazzo!

 

Me dispiace Giorge' ma nun ho fatto e cresciuto na fijetta pe' falla sta 'nfelice."

Otello era duro perchè neanche Luciana aveva un posto fisso, precaria della Croce Rossa,  entrata da ragazza, fatta tutta la trafila,  aveva avuto pure l'occasione di stabilizzare il posto di lavoro ma poi il governo Berlusconi aveva azzerato tutto, ora secondo un certo decreto, a dicembre 2013 doveva essere licenziata.

Giorgio stava sempre più sprofondato nella sedia, voleva reagire ma la logica implacabile di Otello lo inchiodava, pensava a Luciana che ascoltava insieme alla madre dall'altra stanza.

Otello tornò a sedere, lo guardò dritto negli occhi.

"Nun è cattiveria ma tu lo capisci, Luciana è l'unica fija che ciò, co te è come mannalla ar patibolo. Si je voi bene, se nun la voi fa soffrì e meglio che la lasci perde. Fa ancora in tempo a rifasse na vita."

Luciana singhiozzava, Giorgio stava zitto, sempre più incassato nella sedia, era stravolto e infuriato, rivedeva Brunetta, Ichino, Sacconi, Fornero, Monti, Berlusconi volti sfatti che ridevano di lui, avrebbe urlato parolacce, Altre figure mostruose si facevano avanti: Bonanni, Angeletti, gli accordi separati. Bocca impastata, non riusciva a parlare, sudore sulla fronte. Luciana lo scuoteva, Otello aveva le lacrime agli occhi, sapeva che, pur dipendente pubblico, Giorgio era un bravo ragazzo. Luciana lasciò partire un ceffone,  - diglielo, dai diglielo, non capisci che devi smettere di stare zitto? -

 

Otello tese le orecchie, guardava sua figlia con occhio nuovo, una femmina arrabbiata e attaccata al suo amore. Giorgio pronunciò quattro lettere: CGIL.

"Che vuol dire?" – domandò Otello –

"Vuol dire che s'è iscritto al sindacato, finalmente!" - Ansimante - Luciana

Otello si era rialzato dalla sedia, girava intorno all'aspirante genero, la scritta - fragile - sulla maglietta era appiccicata alla pelle, la pancia prominente, lo sguardo di fuoco, luciferino.

"Fernate n'attimo amore de papà, me stai a dì che Giorgio s'è tesserato?"

" Si papà, è così."

 "Famme vedè 'a tessera" - imperativo -.

Giorgio alzò lo sguardo, pronto per essere incenerito, mise la mano nella giacca, tastò la tasca interna, estrasse il portafogli,  "eccola sor Otè, fresca fresca, l'ho presa stamattina, mò fate quello che ve pare, io nun c'è sto a famme distrugge sul posto de lavoro, avemo 'ngoiato troppo, io vojo esse utile a tutti, mica so fannullone e manco leccaculo, io nun c'è sto. Il lavoro prima di tutto, il lavoro vordì, dignità e, pure se il lavoro pubblico nun è più sicuro, io ce credo. Me so iscritto, me so. Co quelli che nun ce stanno me so messo. Anzi sabato 20 ottobre vado pure a San Giovanni, co' l'artri che nun ce stanno. Adesso ammazzateme pure. Vojo bene a vostra fija, vojo lottà pè noiartri, pe fasse na famija come 'a vostra, si nun ve sta bene io a Luciana me la porto via così, senza gnente."

Giorgio s'era spinto tanto in la, si aspettava un cartone in faccia di quelli che passano solo se li tamponi con una bistecca da tre etti. Si sentì accarezzare i capelli, era Luisa. Otello rideva come un matto, aveva versato un bicchierone di vino e beveva, poi aveva riempito ancora e l'aveva porto all'aspirante genero. "Sto cazzo 'nfasciato, sei dei nostri, nun sei un cazzo moscio,  - alzò la canottiera e sul petto all'altezza del cuore c'era un tatuaggio fatto trent'anni prima con l'ago intinto nella china. Una falce e un martello incrociati, sotto tre lettere: P.C.I. - Sei dei nostri, ma pensà 'n po'. Hai visto Luì, è dei nostri. - Nun te preoccupà, Giorgè, c'avevo paura che stavi co' quell'artri, quelli che m'hanno licenziato  trent'anni fa e me so dovuto arrangià a diventà carrozziere co' mi socero. Puro Luisa prima era operaia, è diventata sarta dopo che hanno chiuso 'ndo lavorava lei. Noi semo sempre stati da na parte, c'avevo paura che 'a famija sdirazzava. Si te licenzieno vieni a lavorà co' me, però prima dovemo cercà de mannà affanculo loro. Nun je regalamo gnente.

 

Luciana c'aveva i lucciconi, prese la tessera, la nascose nel bordo delle calze autoreggenti, dopo, in macchina, voleva giocare a fuochino fuoco fuochissimo.

 

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