Interesse generale

Sono sempre più forti le pressioni per modificare l'art.18 dello statuto dei lavoratori.
Prima la foto di Alfano, Bersani, Casini e Monti tutti uniti per chiudere la trattativa, poi l'intervento di Monti all'assemblea di Confindustria e la presenza della ministra Fornero alla trasmissione di Fazio Fabio come giustamente lo chiama Cetto la Qualunque. Ci si e'messo pure quel sant'uomo di Giorgio Napolitano a dichiarare che bisogna abbandonare gli interessi di parte, nell'interesse generale del paese. Tutti contro la CGIL ora blandita, ora minacciata.
Due riflessioni si impongono: il sistema di potere benché scollegato si muove in sincronia, la dichiarazione ad effetto, le continue interviste a Bonanni la caparbia avanguardia del governo, il prossimo viaggio di Monti chissadove, buono per pubblicizzare il nuovo corso della politica e dell'economia e, tutto a convergere verso l'interesse generale, contro gli egoismi di parte.
Mettiamola giù piatta, mantenere l'articolo 18 dello statuto dei lavoratori è interesse nazionale, di una nazione che tiene al ruolo del lavoro nella società.
Cosa vuole Napolitano che si possa andare per il mondo a dire alle imprese straniere: venite da noi, potrete licenziare a capriccio? Sarebbe questo l'interesse del paese?
Quando le imprese straniere chiederanno del consiglio regionale della Lombardia, della corruzione, della Salerno Reggio Calabria, che cosa dirà Monti: però potete licenziare a capriccio?
Il mondo si e' rovesciato, si pensa che l'occupazione dei giovani possa dipendere dall'annientamento dei loro padri e delle loro madri, a questo rovesciamento non deve partecipare la CGIL, ma bisogna comprendere quale livello di pressione si sta esercitando sulla più importante organizzazione sociale del paese.
Purtroppo non si può avere tutto, sarebbe bello mantenere l'unità sindacale ma se il prezzo deve essere la divisione nel sindacato di Corso Italia, allora il gioco non vale la candela. Se il prezzo deve essere chiudere con una pietra, tutto il ciclo delle lotte del secondo dopo guerra, il gioco non vale la candela, se il prezzo deve essere l'umiliazione del sentimento di tutti quelli che hanno sostenuto una conquista di civiltà, il gioco non vale la candela. Perché appunto non è un gioco. Forza Susy.