Pubblici al voto: la posta in palio

2 marzo 2012

Non e' conoscenza comune che fra il 5 e il 7 marzo i dipendenti pubblici voteranno per il rinnovo delle loro rappresentanze unitarie. Nel nostro paese la svalutazione del lavoro si misura anche da questo. Non si registrano dichiarazioni di politici, anche di quelli che più frequentemente parlano di lavoro e lavoratori.
Questa volta però e'diverso, chi sottovaluta la valenza generale di questa competizione elettorale commette un errore straordinario.
Ma andiamo con ordine: se si vota lo si deve alla cgil, fosse stato per altri sindacati o parti pubbliche, coerentemente alla normativa Brunetta, nei posti di lavoro non si sarebbe votato mai più. Gli uffici che garantiscono i diritti ai cittadini sarebbero divenuti luogo estraneo ai diritti di chi ci lavora.
Finalmente la presentazione delle liste,gli adempimento burocratici e ora il convincimento porta a porta degli elettori. La democrazia costa fatica.
Tutto questo per cosa?
A legislazione vigente tutto quello che era conosciuto come relazione sindacale, semplicemente non c'è più. La possibilità di incidere, per i lavoratori, in virtù di norme contrattuali sull'organizzazione del lavoro o dei servizi non c'è più.
La contrattazione dell'orario di lavoro non c'è più.
Naturalmente dopo il voto l'esistenza di un organismo eletto da tutti i lavoratori ha un suo peso nel posto di lavoro, ma il quadro normativo è testardo e la strada sarebbe veramente in salita.
Diciamo le cose come devono esser dette: per legge, non c'è più niente di importante che possa giustificare giuridicamente l'esistenza delle RSU. Una legge infame che non ha migliorato l'efficienza dei  servizi neanche di poco, ha cancellato il protagonismo sindacale a tutti i livelli del settore pubblico.  Lasciamo perdere il fatto che in tanti posti, anche per l'azione testarda dei sindacalisti della cgil, finora la normativa è stata per larghissima parte inapplicata. Le norme sono chiare e stanno li, pronte per essere lucidate ed usate.
Paradossalmente, proprio per questo motivo, queste sono le elezioni più importanti della storia della rappresentanza del lavoro pubblico.
Oggi si confrontano due possibilità: tornare, indirettamente, alla pubblicizzazione del rapporto di lavoro con la sconfitta della stagione della riforma del lavoro pubblico,  oppure, riconquistare la contrattualizzazione del rapporto di lavoro come strumento di una ripresa della riforma dello Stato.
Va da se che nella prima ipotesi si darebbe nuova linfa al neo corporativismo e un colpo alla confederalità delle proposte sindacali.
Le leggi Brunetta non sono state un accidente della storia, andato via il ministro la sua legge è rimasta, ma soprattutto è rimasto  quell'impasto di luoghi comuni sui dipendenti pubblici e, sulla stessa convenienza di mantenere il settore pubblico nelle dimensioni attuali.
In ballo c'è una privatizzazione da realizzare col consenso popolare come lotta agli sprechi, alle inefficienze e ai privilegi.
Queste elezioni vengono dopo la indecorosa prova del governo Berlusconi, i nuovi entrati, sociologicamente il governo dei milionari, godono di ottima stampa e credito.
I milionari hanno di fronte un' unica forza sociale credibile a fronteggiarne le manovre nei confronti del mondo del lavoro dipendente, se alla prima occasione utile, non arriva una risposta, esplicita, del mondo del lavoro pubblico  e di quello, propriamente operaio, che sarà in sciopero il 9 marzo, allora saranno autorizzati a pensare che, veramente, sono dotati di investitura divina e avranno la strada spianata per tutte le cose buone che vogliono fare.
D'altra parte, Monti, Passera e compagnia cantante rispetto al lavoro pubblico non hanno mostrato segni di discontinuità coi loro stimati predecessori, non sul punto delle risorse da destinare al potenziamento delle strutture, non dal punto di vista di un progetto organizzativo diverso dalla caserma costruita da Brunetta, non dal punto di vista del rapporto con i lavoratori, cui non vengono rinnovati i contratti o previste assunzioni per i precari, che, anzi, vedono la loro condizione aggravata  dall'annuncio degli esuberi in tante amministrazioni.Infine i milionari non hanno mostrato discontinuità neanche nella scelta delle persone a guida delle amministrazioni centrali.
Se c'è una possibilità di invertire la tendenza alla destrutturazione del lavoro pubblico e  aprire una vertenza per l'abolizione della legge Brunetta con qualche possibilità di vincere, essa dipende dal risultato delle elezioni dei pubblici.
Se i sindacati che hanno sostenuto la controriforma avessero una affermazione, diverrebbe chiaro che i provvedimenti assunti negli ultimi tre anni dal governo Berlusconi, Tremonti, Sacconi e Brunetta, hanno il consenso delle proprie prime vittime, diversamente anche i partiti che sono stati col piede in tutte le scarpe che hanno trovato, dovrebbero prendere atto che non è quella la strada.
Se il risultato delle elezioni fra i pubblici, non dovesse essere inequivocabile, le ripercussioni sarebbero inevitabili, anche sulla trattativa che si sta svolgendo sul mercato del lavoro, infatti si procederebbe con maggiore celerità con la mobilità dei dipendenti  considerati in esubero e, a quel punto, distrutte le garanzie vere e presunte dei pubblici, chi potrebbe fermare i professori, dall'attacco all'art.18 per i privati?
Ancora una cosa da sottolineare: i sindacati degli accordi separati,offrono spunti quotidiani per l'aneddotica ma non sono riducibili a macchiette, rappresentano interessi corposi e reali presenti fra i lavoratori, non si può auspicare sul lungo periodo la divisione e neanche aspettarsi  l'autodissoluzione di chi ha un'altra strategia. C'è bisogno che i sindacati che hanno appoggiato il governo prendano una sonora scoppola, sempre in grande amicizia, a verifica della loro attività di questi anni. L'unità sindacale infatti è indispensabile affinché il mondo del lavoro sia forte, ma essa, come presupposto, deve essere il prodotto di una operazione verità. Qualcuno deve avvertire i firmatari ad oltranza:  la strada che hanno preso non è quella giusta. Siano le stesse persone che rappresentano o vogliono rappresentare a dirglielo con la dovuta chiarezza.
Per tutti questi motivi, le prossime elezioni non riguardano solo i pubblici e in ogni caso, sarà solo l'inizio.

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