La lista Monti e la sindrome togliattiana - di Nonpercaso -

L'irruzione del fattore Monti, spogliato della sua impropria veste tecnica, ha modificato notevolmente i già mutevoli scenari che affollano il panorama politico e deprimono la nostra ansia di cambiamento. Ma io non sono del tutto sicuro che questo possa essere giudicato un fatto in sé negativo. E non lo è non solo e non tanto perchè propone finalmente uno schieramento moderato e alquanto rispettabile, a 

   

differenza dei fragori tamarri e arroganti della becera destra dei berluscones. Ma perchè finalmente fa giustizia di una antica sottigliezza togliattiana, che ancora sembra avvolgerne gli eredi, relativa alla teoria del governo impossibile senza i moderati e senza l'alleanza con il centro. Una sottigliezza da figli di un dio minore che hanno passato la giovinezza e buona parte della maturità a tentare di accreditarsi in una parte della società che ci vede irrimediabilmente comunisti.

La pretesa montiana che soggiace alle convulsioni di questi giorni è invece quella di dare continuità ad un governo tecnico e per questo autoritario ammantandola di una spolverata di democrazia e di legittimazione democratica. Magari ipotizzando una staffetta che consenta di "finire il lavoro", ovvero portare a termine quelle riforme cosiddette epocali, sicuramente neo liberiste, che hanno caratterizzato l'anno di governo dei falsi tecnici.

Da qui la palese delusione di tutti coloro, Napolitano in testa, che si erano illusi sui tecnici servitori transitori e salvatori del paese sull'orlo della bancarotta fraudolenta, e che adesso fanno i conti con un vero e proprio progetto politico, di cui il dimissionario premier è garante ed insieme garantito dai poteri forti, interni ed internazionali. Che si pone come obiettivo principale la limitazione di una possibile alternativa di sinistra, da attuare tramite il rassemblearismo dei vari gruppi e gruppetti, compresi i berluscones pentiti, che compongono il frantumato campo dei moderati e da portare ad una proposta di governo nella quale il centro sinistra sia una gamba, e nemmeno la più significativa.

Quindi una proposta che si pone direttamente in contrasto con le ambizioni e le strategie del centrosinistra e lo costringe a scegliere veramente. Un rovesciamento dei ruoli, che presuppone un allargamento strumentale a sinistra del fronte moderato, oppure una proposta forte di cambiamento su cui poggiare la campagna elettorale, forti di un consenso che in questo momento è maggioritario nel paese.

Per questo si chiede coraggio e chiarezza, ed oggi come non mai il PD, che ha saggiamente investito nella democrazia interna, è chiamato a scelte decisive per il futuro. Ad investire sulla democrazia esterna oltre che quella interna.

Sia chiaro: non sto qui a strologare su questioni tattiche, che non mi appassionano. Mi interessa sapere se questo disgraziato paese di gnomi e ballerine può fare spazio alla crescita civile, ad una istanza democratica, laica e libera, se insomma riusciamo a scrollarci da dosso le nostre pervasive eredità e alcuni schemi mentali. E a decidere cosa fare, senza condizionamenti.

Ecco l'occasione: di avere un avversario di cui finalmente si misura le diversità e non il coacervo di interessi tentacolari e corrotti. E verso cui non avere nessuna sindrome togliattiana.

Poi si vedrà. Ma il cambiamento non si risolverà in una formuletta di governo, in un patto acefalo che segna il continuismo di un progetto senza identità.

Oggi è l'occasione, non sprechiamola.

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