Ingroia un simbolo le perplessità. - di Ricciolidoro -

Uno sbiadito colore arancione di sottofondo con la scritta Rivoluzione civile,  come se il cosiddetto movimento arancione, nato poco tempo fa, fosse solo un sottofondo ma non un tema conduttore; al centro, in grande ed in un color nero a carattei giganti il nome, INGROIA. Grande, invadente, a mostrare che il


movimento, come troppi negli ultimi tempi oramai, si identifica con una persona e con quello che questa rappresenta, non con delle idee o con un progetto. In basso, pericolosamente sotto, il IV stato, quello sì, perlomeno, rosso.

Cosa abbiamo dunque? Un ulteriore lista a sinistra che però, a conferma che venti anni di berlusconismo hanno condizionato la politica, è una lista che si identifica con un uomo, rispettabile e perbene. Ma un uomo, un leader, la cui immagine rimanda alla legalità ed alla lotta alla mafia.

Due cose importantissime, senza dubbio. Igroia l'ho sentito più volte intervenire a dibattiti e a convegni, mi è sempre piaciuto quello che ha detto sulla legalità e contro la mafia e la corruzione. Ma davvero questo basta a lanciare una lista, a stilare un intero programma politico? 

Appunto, quello che ci manca, e non solo a Ingroia, è un vero programma politico. Anche lui, come molti altri, parla per slogan e punta alla santificazione della personalità. 

Un altro santino, come è stato per Di Pietro, come è per Grillo e forse sarà per la lista Monti. Leader, personificazioni della politica, quella che si identifica con una persona sola e non con le idee, molto lontana da quel Berlinguer che pure Ingroia cita, forse a sproposito.

D'altra parte Ingroia già ci aveva deluso, come qualcun altro che voleva andarsene in Africa e poi è tornato a fare danni a sinistra ed al paese, anche Ingroia se ne è andato in Guatemala, per poi tornare a tuonare contro la Corte Costituzionale, usando armi simili a qualche suo indegno concorrente politico, proprio lui che i suoi sostenitori dicono esser il difensore della carta costituizionale. 

Torna e si candida, dice a Di Pietro, oramai alla canna del gas, di togliere il nome dal simbolo della sua lista e poi si candida come il salvatore della patria mettendoci il suo in grande, in nero, scolpito, con il IV stato sotto, sul brutto simbolo.

Si candida e attacca alla rinfusa, tende mani per poi ritirarle, per poi ritenderle, così, a casaccio, da un lato la porta ancora aperta al PD dall'altro al suo omologo qualunquista, Grillo, il cui nome anche se più discreto, è sul simbolo del movimento 5 stelle.

Insomma, anche Ingroia ci sembra in linea con questa crisi della politica, in cui l'assenza prinpipale è quella di programmi, di una politica progettuale, che punti veramente al cambiamento.

E dall'altra parte, quella del PD, la controcandidatura di Grasso ci sembra una mossa altrettanto confusa e istintiva, della serie, facciamo a chi c'ha il candidato più antimafia. E la risposta di Igroia alla candidatura di Grasso è in linea con il suo personalismo. Desolanti, entrambi.

Forse tutti questi magistrati in politica non sono proprio il massimo, Abbiamo una tale crisi della politica che nel nostro paese le politica, oltre ai comici, la fanno i magistrati. Abbiamo dimenticato che la Costituzione, nominata troppo ed invano, era perfetta per la sua divisione dei poteri, esecutivo, legislativo e giudiziario. 

E sui magistrati in politica, ferma restando la stima individuale alle persone, a volte, mi viene da citare un amico, un compagno, che dice sempre 

"Sui giudici io la penso come De Andrè".

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