8 marzo, dietro le sbarre la vita scoppia. - di Ricciolidoro -

 Un invito a passare un 8 marzo diverso, dentro al carcere femminile di Rebibbia, a vedere uno spettacolo. 

 Arriviamo e ci fanno mettere nelle prime file; le ragazze, le donne, rumoreggiano “Ma voi chi siete? Perché state nelle prime file?”


Imbarazzata provo a dar loro una spiegazione che non ho, poi lo spettacolo inizia: un gruppo musicale e due attrici si alternano sul palco.

 

 Dal primo momento ci accorgiamo che sarà uno spettacolo speciale, una vera interazione con il pubblico, gli artisti sono fortunati, quando gli ricapita. 

 Il sassofonista ha una maglietta con il simbolo di Batman e subito parte la battuta, alle mie spalle, una ragazza sui trent’anni:”A Batman, ‘ndo l'’hai lasciato Robin?” Il cantante è americano, i capelli lunghi e una maglietta da figaccione, le ragazze impazziscono: ”levati gli occhiali, facce vedè gli occhi…” 

 E da lì un turbinio, canti, battute e risate. Le due attrici fanno un duetto che parla di un'’amica che scrive all'’altra in carcere, e lì le ragazze si scatenano, interloquiscono, interrompono e costringono le attrici a rispondere. 

 L'’allegria sale, c'’è una grande energia nel teatro, che non sembra il teatro di un carcere, così addobbato di mimose e fiori dai volontari che hanno organizzato la giornata e sorridono, sornioni, ai lati della sala. 

 Le donne sono tante, hanno i volti segnati, ognuno da un storia, e ti domandi qual'è questa storia, e vorresti conoscerla, perché la loro allegria e stare lì tutte insieme a cantare, porta la vita a uscire dalla compressione delle loro celle e a scoppiare nel teatro. Vorresti entrare in ogni ruga, in ogni segno dei loro occhi per sapere perché sono lì, com'’è stata la loro vita. Alcune sono poco più di bambine, e quando ridono i segni scompaiono e si intravede il ricordo dell'’adolescenza. 

 So che queste donne hanno avuto per sorte o per scelta un destino diverso dal mio, ma in questo momento siamo tutte vicine, tante donne insieme a festeggiare l’'8 marzo, a fare battute, a far uscire le inibizioni e la solitudine. 

 Poi arriva la prima donna, la Ministra. Ho molto criticato la Ministra Severino, per avere dichiarato troppo e fatto poco, ma devo riconoscerle che queste donne la amano, la applaudono e qualcuna dice ad alta voce “è’ l'’unica che lotta con noi”. 

 La Ministra parla troppo a lungo, dice cose inesatte, alcune dimostrano che non conosce bene chi lavora in carcere. Però, quando legge la lettera che una detenuta le ha appena messo in tasca e che le chiede di fare qualcosa per farle avere la detenzione domiciliare e farla ricongiungere ai suoi figli, ci commuoviamo tutte, anche se non siamo madri. Perché la lettera è bellissima e spiega un dramma, in poche righe tratteggia la vita in carcere di molte donne. Perché il carcere è duro per una madre che deve lasciare un figlio. 

 La Ministra viene osannata, toccata. Le donne applaudono il suo discorso e gridano “Amnistia”, e io mi unisco a loro nel grido. Qui capisco, dando atto alla Ministra, che anche solo parlare del carcere, dare attenzione al carcere significa molto e chi ci sta dentro, di questo non si dimentica. 

 Lo spettacolo ricomincia e finisce tra abbracci e balli, mani dei musicisti e della attrici strette con le detenute che finalmente possono occupare le prime file e distribuire le mimose da portare in cella. 

 E’ un bellissimo 8 marzo per me, ho imparato molte cose, mi sono emozionata e ho sentito tanta vita. 

 Penso che chi sarà il prossimo Ministro dovrà fare seguire all'’attenzione l’'azione, e fare finalmente qualcosa per la situazione drammatica delle carceri italiane. 

 Uscendo uno stormo di centinaia di uccelli si alza in volo dagli alberi del giardino di Rebibbia e scuote i miei pensieri. 

 Io esco da Rebibbia e vado a casa, loro tornano nelle loro celle.

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Commenti: 1
  • #1

    Ancoravento (domenica, 10 marzo 2013 18:04)

    Bello.
    Grazie