Francesco e noi, atei impenitenti. - di Nonpercaso -

Non mi pare ci possa essere dubbio sul fatto che a noi, atei, agnostici, aconfessionali, anticlericali e spretati, questo papa ci ha spiazzato.

Un uomo semplice, dai messaggi chiari e diretti. Nella mia vita ho avuto a che fare con diverse tipologie di preti e ne ricordo con grande piacere alcuni che


erano del tutto privi di quella spocchia diocesiana, dell'arroganza talare che avvolgeva altri. Nel mio paesino vi era quasi una contrapposizione plastica tra l'arciprete e i frati francescani. Il primo avvolto nella presunzione dogmatica ossequiosa del potere, gli altri presi dall'idea comunitaria che praticavano con l'umiltà degna del loro fondatore.

Queste due idee di comunità chiesastica hanno avuto un ruolo grande nella mia prima formazione, attratto come ero dallo stile di vita semplice, dall'idea collettiva che soggiaceva le pratiche standardizzate della povertà e della solidarietà.

Ho abbandonato da decenni qualunque approccio con il sentimento religioso, ma quella idea contrappositiva tra due modi di intendere una azione pastorale ha certamente influenzato tutte le mie scelte successive, anche quelle più radicali che hanno contraddistinto le mie scelte politiche.

Non le ho più ritrovate quelle idee, se non di sfuggita: la Perugia Assisi, don Gallo, don Ciotti, i preti operai, la teologia della liberazione. Il tutto sommerso dalla marea montante integralista, dalla contrapposizione ideologica ai diritti civili, alla liberazione delle donne, dagli scandali perpetui e vergognosi. L'idea di una chiesa ormai avvolta nella sua decadenza è stata per me quasi un conforto, accompagnato dalla distaccata rassegnazione intellettuale alle feste patronali, alle esplosioni della religiosità popolare, alla dimensione miracolistica dei pellegrinaggi, delle madonne che piangono, alla reflue speranza di una giustizia oltrista alla base della scommessa fideistica.

Una indifferenza sancita da scelte di vita, nessun prete nella mia ed in quella dei miei cari. La tipica scelta individuale di chi, sconfitto dalla pervasività della comune morale, espone con orgoglio la propria diversità.

La gerarchia vaticana, con i suoi intrecci perversi, era il collante ideologico della mia avversione.

Oggi certo mi sento spiazzato. Non certo nell'ormai viscerale avversione per tutto l'immaginifico sovrastrutturale che avvolge la cosiddetta religiosità, ma proprio nell'idea che la chiesa cattolica fosse ormai avviata ad una progressiva quanto inarrestabile decadenza, interrotta qui e là da un papa più abile nelle funzioni di governo, ma inevitabilmente destinata a perdere il ruolo centrale nell'immaginario collettivo, a favore dei nuovi fenomeni della cultura di massa, la cui opera di banalizzazione ha ormai invaso e svuotato qualunque impianto ideologico.

Mi sbagliavo. La scelta di questo papa, dettata dalla disperazione del baratro, dimostra semplicemente che la chiesa è una organizzazione viva e capace di affrontare le sue crisi. Che, nei suoi momenti peggiori, si affida ai suoi uomini migliori. Bergoglio propone una immagine salvifica soprattutto per la sua comunità, e questa immagine è funzionale ad un progetto di riconquista delle coscienze affaticate degli adepti.

Ho letto la lettera che il nuovo papa ha inviato ad un giornale illuminista, ho seguito il suo digiuno per la pace, l'attenzione quasi maniacale per i poveri, gli emarginati, i migranti, il distacco dialettico dai nodi dogmatici che avvolgevano i suoi predecessori.

Una visione di una religiosità immanente, una voglia di sporcarsi le mani, una disponibilità quasi imbarazzante al dialogo ed al confronto con tutti, l'esplosione dell'umiltà come dote fondamentale di un vero cristiano.

Quindi un papa spiazzante per noi. E per la chiesa, sarà lo stesso?

Intendiamoci, io non credo che l'agire di un singolo leader, sia pure rivoluzionario, sia in grado di scalfire antiche pratiche secolari che contraddistinguono la familiarità con il potere dei porporati nostrani. Ma credo che, se questo papa saprà imporre il suo spirito riformatore, noi ci ritroveremo una grande organizzazione in crisi che verrà posta in condizione di reagire alla desertificazione dogmatica dei suoi valori. È già successo, con un altro papa di grande valore, quel Giovanni che non a caso si ricorda senza numero, il cui concilio segnò la rinascita di una chiesa avvolta nelle nebbie degli orrori nazifascisti.

Anche a costo di passare per uomo di buona volontà io certo non intendo sottovalutare: la grande partita sui diritti civili si può giocare meglio se dall'altra parte non si adotta il catenaccio ed io sono veramente stufo dei distinguo ipocriti sulle unioni di fatto, sulle adozioni, che provengono dai finti inginocchiatori in salsa progressista. A questi preferisco addirittura i papabuoni.

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