Dalla Sardegna a Prato, non parlate più di tragedie annunciate

 

Devo fare una critica al linguaggio comune in questi giorni, ci sono stati gli acquazzoni in Sardegna, c'è stato il rogo di Prato. Vittime, troppe. Forse evitabili.

Il linguaggio comune utilizza la locuzione: disastro


annunciato.

Se un disastro è annunciato, se cioè è stato dato l'avvertimento e nonostante l'avvertimento ci sono stati morti e danni la questione si complica.

Posso capire che una persona sia legata ai suoi averi, anche quelli che costruiscono dentro i fiumi, fino a quando l'acqua non arriva alla gola si rifiuterebbero di abbandonare l'abitazione, capisco pure quegli operai che finchè i fumi non provocano i primi morti nella loro famiglia, difendono il lavoro insalubre che svolgono, capisco pure quegli operai che passano sopra le norme di sicurezza che dovrebbero tutelarli, per mantenere lo stipendio. Capisco, figurarsi i moderni schiavi che negli scantinati cercano di riscattare la loro schiavitù. Quello che non capisco è il contorno, non capisco il vivere alla giornata delle istituzioni. Un povero cristo può vivere alla giornata, non le istituzioni, le istituzioni dovrebbero durare nel tempo, programmare. Non si può costruire dentro un fiume, se lo hai fatto perchè te lo hanno permesso oppure perchè tanti anni fa non ci si faceva caso, ora non si può più. Te ne devi andare e ti aiuto a trovare un altro posto. Ad un lavoratore non lo devi mettere nell'alternativa di morire di fame o di malattia, la malattia uccide più lentamente della fame e poi siamo stati tutti fregati da Rossella e dal suo: domani è un altro giorno.

Tutto questo, viene amplificato dal lavoro nero, dal lavoro dei neri, dal lavoro dei gialli. Non diventi una potenza industriale senza lo sfruttamento intensivo della forza lavoro, più orario meno salario, più orario meno diritti e sicurezza, siamo nel campo dell'aritmetica non ci vuole mica tanto a capirlo. A Prato i lavoratori cinesi lavorano come schiavi la fabbrica è anche la loro casa, ci mangiano ci dormono ci crescono i figli, devono liberarsi dal debito che hanno contratto coi loro padroni. Lo sanno tutti. Lo sanno tutti? Davvero lo sanno tutti? E allora che cosa hanno fatto se lo sapevano tutti, se la disgrazia era, alla fine, annunciata? Non si può sentire la Procura che dichiara che c'è il Far West, non si può sentire il sindacato che dice che non lo fanno entrare in quegli sgabuzzini, non si possono sentire le forze politiche asciugarsi le lacrime. Se lo sapevano il loro ruolo si è dimostrato, almeno in quel posto, inadeguato. Ora ci dicano cosa si deve fare per evitare quello che può ancora succedere e, per favore, senza tirare fuori i vecchi arnesi del razzismo, senza una nuova proposta di legge eccezionale, senza chiacchiere buone per arrivare all'aperitivo.

Stavolta sono morti i cinesi, chissà chi erano, chissà la loro storia.

L'altra volta erano morti italiani, chi se la ricorda la tragedia di Barletta? La fabbrichetta crollata su se stessa con cinque vittime? Sono passati solo due anni e spiccioli di giorni.

Si dice ai funerali, in televisione, mai più!

Sappiamo che non sarà così, diteci una cosa più modesta: finora abbiamo sbagliato, il nostro compito di amministratori, politici, sindacalisti è trovare soluzioni affinchè questi fenomeni siano fortemente ridotti. Pensiamo al territorio:faremo una ricerca pratica sull'assetto idrogeologico dei nostri comuni e dalla mappa che ne risulterà cominceremo a mettere a posto le cose, diciamo un tot per anno. Diciamo pure che i TAR non potranno mettere becco nei provvedimenti che saranno presi da urbanisti , geologi e ogni altro specialista sia ritenuto necessario. Diciamo pure che in primo luogo cominceremo a ripulire i canali e manutenere i boschi. I soldi li prenderemo dove ci sono, chi più ne ha più deve mettere di più. Faremo un piano industriale del paese, ridisegneremo le priorità i soldi del bilancio pubblico andranno dove più servono. Pensiamo al lavoro: ogni prodotto per essere commercializzato con una targhetta che dica l'identità sociale del prodotto. Ci basta un bollino che dica che è stato utilizzato lavoro in regola con le raccomandazioni dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro. Ci basta che si stabilisca che la falsificazione del bollino è un reato che comporta la confisca dei beni dell'azienda dei suoi amministratori e del prodotto. Così tanto per cominciare intanto unifichiamo tutti i servizi ispettivi degli enti che a vario titolo si occupano di salute, prevenzione e repressione degli abusi sul lavoro. Tanto per cominciare, per non ripetere sempre le stesse cose.

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Commenti: 1
  • #1

    Elisa (mercoledì, 04 dicembre 2013 17:47)

    tutto giusto quello che dici e direi sacrosanto.
    Ma... si, c'è un ma. E' una soluzione adeguata e giusta.
    Talmente adeguata che è inapplicabile in un Paese che fa solo demagogia e slogan per i tg. Non trovano soluzioni perchè sarebbe lavorare seriamente al problema. E invece in questo Paese si piange, si urla, ci si dispera. Eppoi si dimentica. Sempre.
    La soluzione? Cambiare. Ma questa è pura utopia.
    A meno che qualche Paese europeo con leadership seria, non ci adotti, prima che sia troppo tardi.
    Tanto la parola tragedia e abusivismo funzionano benissimo. Ti dicono che nessuno è responsabile.
    Del primo è una fatalità anche se tutti sanno e sapevano, del secondo è solo pubblicità politica contro le sanatorie che portavano soldi nelle casse dei comuni e sarebbero ancora utili se ci fossero dei seri studi sul territorio da parte di geologi e ingegneri, facendo passare il possibile e non quella che potrebbe essere una futura tragedia.