Telethon: il lusso e l'essenziale

Va avanti la maratona Telethon, in televisione si succedono artisti che raccontando le loro cose sono testimonial di una colletta per la ricerca sulle malattie. Parlano i malati e qualche volta ti prende allo stomaco una

 


sensazione terribile: sapere di non poter fare niente se non la digitazione di un numero che trasferisca qualche soldo al mucchietto della raccolta. Contemporaneamente va avanti la raccolta per gli alluvionati in Sardegna, prima abbiamo raccolto soldi per Haiti, per quell'altro uragano, per quell'altra disgrazia, per L'Aquila. Viviamo in uno stato di colletta perenne, c'è la televisione, partecipiamo così alla sorte dei più sfortunati. Mi sono stufato, lo dico con freddezza, non ce l'ho coi malati, non ce l'ho con gli sfollati, con i rifugiati, con i terremotati. Ce l'ho con gli organizzatori delle collette che ci fanno sentire più buoni a natale o quando capitano queste disgrazie. Quest'anno arriveremo a superare la soglia dei trenta milioni di euro per la ricerca sulle malattie, niente male se si trattasse dei festeggiamenti di un santo patrono. Il comitato parrocchiale sarebbe orgoglioso. Non si tratta di santi qui, a parte i malati e i loro familiari, qui si tratta di malattia e di ricerca, per amor del cielo! Malattia e ricerca le affidiamo alla pubblica generosità? Con che coraggio?

 

Il pubblico, la collettività organizzata dovrebbe sapere che la ricerca sulle malattie è una priorità visto che ognuno di noi sa che con la salute c'è tutto. Se il pubblico conosce l'importanza della ricerca e della salute, si deve muovere di conseguenza. In famiglia quando c'è un'emergenza si taglia sul lusso e ci si concentra sull'essenziale: la salute, lo studio. Saremmo tutti d'accordo in uno studio televisivo incitando alla generosità, se non fosse che la realtà è rovesciata: il nostro governo considera lusso la scuola e la sanità, cioè la ricerca sulle malattie. L'essenziale lo lascia, fra una canzoncina e una lacrimuccia, alla nostra digitazione sulla tastierina. Visto che non lo fanno loro, lo facciamo noi. Non è una buona cosa.

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Commenti: 1
  • #1

    Renato La Manna (domenica, 15 dicembre 2013 19:02)

    Ormai lo Stato Sociale non è che un ricordo. Facciamo un gioco: "Come pensate che la prenderebbero i nostri Padri se tornassero a vivere oggi?"