Maddechè: Renzi vs Fassina. Lo specchio dei tempi

Quello che si è consumato dopo la conferenza stampa del segretario del PD è uno psicodramma italiota. Cominciamo dalla battuta incriminata: “Fassina, chi?” Non è mai stata pronunciata. Renzi ha risposto ad una domanda sul rimpasto e sulle 

   

posizioni di Fassina, dicendo: “Rimpasto. Chi?” Poi ha proseguito con altre questioni. Per il famoso “chi?” Il vice ministro all'economia si è dimesso per opporsi, a suo dire ad una concezione padronale del partito. Mi viene in mente che non può esserci legame fra una cosa e l'altra, Fassina si è dimesso per segnare un punto di opposizione al segretario, dal suo punto di vista ha colto l'occasione per diventare un eroe. Dopo le primarie i contendenti di Renzi sono spariti, con essi l'opposizione interna al PD. Fassina prendendo cappello si è ritagliato uno strapuntino da eroe offeso. Dal mio punto di vista per dimettersi dal ruolo di governo poteva scegliere cento occasioni migliori e piene di contenuto. Ha voluto utilizzare e quindi confondere il ruolo di governo con la battaglia politica interna al partito, non una grande prova di responsabilità per utilizzare una categoria di cui un po' tutti abusano. La cosa che mi ha colpito, oltre al ruolo della stampa che ha coniato una espressione mai pronunciata, non è l'esito della vicenda: su Renzi non ho speranze, su Fassina le avevo limitate e le ho perse, è' la passione virtuale che si è manifestata. Su questa vicenda si sono sparsi fiumi di inchiostro e chilometri di pagine facebook. Aggettivi roboanti, accuse di arroganza e tutto il corollario che Renzi si è meritato nel corso della sua storiella contemporanea. Bah. Bah e ancora bah. Non si fanno passi in avanti, siamo ancora tifosi, non cittadini, non militanti. Ci siamo divisi fra Stalin e Lenin, fra Togliatti e Secchia, fra Ingrao e Amendola e ora ci siamo ridotti a Renzi e Fassina. Lo specchio dei tempi. 

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