La politica: propositi per il 2014

 

La crisi impone, a chi ne ha, poche parole e chiare. Le persone, specialmente quelle più colpite dagli effetti dell'impoverimento si muovono quasi brancolando nel buio. Si sente dire: siamo disperati, si sente dire: vogliamo solo lavorare, si sente dire: vogliamo campare le nostre famiglie, pagare il mutuo, le bollette, i debiti. La tensione diffusa non si interroga sulle cause della situazione, si è indirizzata piuttosto verso i privilegi della politica. Ormai è acquisito che bisogna tagliare i costi degli stipendi e il numero degli eletti a tutti i livelli di governo. La nostra condizione certo migliorerà se invece 

   

di mille parlamentari ne avremo cinquecento, se invece di sessanta consiglieri regionali, provinciali o comunali ne avremo la metà. Il fatto che la crisi sia di tutto il mondo viene risolto con la richiesta di uscita dall'euro. Pensiamo ai fatti nostri, torniamo alla svalutazione competitiva al nostro orticello, usciamo dall'Europa. Un mio amico che sta in politica mi ha detto che se in un discorso pubblico ad un certo punto vedi l'uditorio stanco, basta che dici qualche cosa contro i politici, contro i loro emolumenti, contro il loro numero, gli occhietti della platea si riaccendono, diventano fessurette piene di odio, ottieni l'applauso e puoi tornare a casa contento e trionfatore. Per odio ai politici dimenticano che sei un politico. Il sentimento, intendiamoci, è giustificato. Gli eletti a cariche pubbliche godono di privilegi totalmente ingiustificati, in più c'è chi ha fatto fortuna negli ultimi 20 anni: Berlusconi, poi altri. Io invece mi sono stufato, giustifico tutto, figuriamoci ma poi non li reggo più quelli che dal lamento hanno tratto profitto e quelli che sono buoni solo a lamentarsi, fino ad accettare la modifica della loro umanità. Incontriamo sopratutto i secondi: nostri vicini di casa, colleghi di lavoro. Li conosciamo bene: non hanno mai fatto niente per cambiare la società, ai tempi delle vacche grasse per loro andava tutto bene e votavano i criminali perché tanto sono tutti uguali, ora che la crisi mangia anche loro, voterebbero e hanno votato chi può garantire la vendetta. Mi sono stufato di ragionare sulla disperazione vera o presunta come giustificazione di qualunque grido. Prenderò in considerazione soltanto chi sia in grado di proporre soluzioni, chi sia in grado di ascoltare per più di tre minuti di seguito, chi prima di parlare sia in grado di dire: sono disposto a pensare non solo a me.

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Commenti: 1
  • #1

    Renato La Manna (mercoledì, 08 gennaio 2014 18:26)

    Bell'articolo, secondo me si è centrato il vero problema: "Le colpe sono sempre degli altri" ... "Noi? E che colpa abbiamo noi?" ... "I sindacati non funzionano, perchè sono tutti della stessa pasta" ... ecc. ecc. ecc. Ma la domanda vera sarebbe: "Dove ho sbagliato?".