Precari e cultura: il dono dei 500 - di Nonpercaso-

Cavolo, ci voleva un concorso pubblico per 500 sfigati stagisti, con tanto di quiz multiplo per accedervi, per produrre una scossa salutare, causare una indignazione collettiva, generazionale.

La storia é semplice, emblematica: il governo, per bocca di Letta stesso, annuncia in pompa magna a scorsa estate che assume 500 giovani


nei beni culturali, esce il bando ed emerge la beffa di uno stage formativo annuale a 3 euro e 50 l'ora senza diritto al lavoro, quello vero, successivamente. E la storia riguarda un esercito di giovani laureati nei trenta e piú corsi di laurea che la nostra generosa università elargisce a storici dell'arte, archeologi, restauratori, archivisti, bibliotecari, demoetnoantropologi, architetti, citati solo a titolo di esempio delle innumerevoli specializzazioni che compongono l'offerta formativa. Che si affianca ad un più ampio esercito di laureati iperspecializzati che si affanna in un mercato povero e asfittico, pieno di insidie e di inganni che si riverberano nei ricatti massimoribassisti di appalti poveri o nelle false partite iva, nelle collaborazioni a finti progetti, senza tutele, paghe sempre piu basse, prime vittime dei tagli al bilancio passati, presenti e futuri. Un esercito di riserva da mantenere, incrementare.

Tutta gente che insieme ai lavoratori dello Stato, sempre più pochi e denigrati, tiene in piedi l'art. 9 della Costituzione, quello che ci obbliga a tutelare, conservare e valorizzare il nostro patrimonio culturale, quello citato per sciacquarsi la bocca.

 

Una botta di vita a Piazza del Pantheon, una irruzione di giovani intellettuali senza patria, i professionisti della cultura, come amano orgogliosamente definirsi. Quasi un improvviso ritrovarsi in una dimensione collettiva che per una volta si rivolta contro l'impossibile, la mortificazione estrema di una inutile selezione, il dover ancora pagare il pegno di una formazione infinita.

Una piazza colorata, bella, piena di visi mai tristi o perduti.

Benedetta persino dal suo bersaglio, quel ministro Bray che fa quasi tenerezza con il suo tweet di appoggio, con il quale ci ricorda il blocco delle assunzioni e si impegna a chiedere al governo, a se stesso, il perché

A cui la piazza risponde con l'ironia lieve di chi ritrova la speranza e la determinazione per praticarla.

Una bella giornata di lotta, avremmo detto una volta.

Magari inclini ai facili socioligismi avremmo santificato l'irruzione del nuovo soggetto sociale, i frutti della deregolamentazione del mercato del lavoro, gli autonomi in parte per scelta ed in parte per necessità.

Io questo in realtà non lo so, non mi allargherei. Il mio senso pratico mi dice che il cammino sarà lungo e irto, che vi sarà bisogno di gran movimento di archivisti e archeologi.

Ho visto, e certo con piacere, che la piazza si è fidata di noi, portatori di interessi assai più garantiti. Adesso abbiamo l'obbligo di corrispondere, di evitare che la formazione divenga un alibi, di impedire che l'esercizio di una professione divenga il modo per raggiungere l'ultima frontiera della precarietà, quella dove non hai uno straccio di vertenza da proporre, dove non c'è voce né rappresentanza.

Una sfida compagni, per il loro ed il nostro futuro.

 

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