Maddechè: Negli ospedali non si devono perdere bambini

Sarà un caso ma nella cronaca di questi giorni ci sono stati due casi di sanità da ripensare. Il primo riguarda un ascensore rotto, una partoriente deve andare in sala operatoria d'urgenza, si prendono le scale. Non so neanche immaginare come sia 

   

possibile portare qualcuno che deve essere operato per le scale, con una lettiga? A braccia? La signora perde il bambino. Il secondo caso riguarda la confusione: la signora torna a casa e cambiando il pannolino alla figlia, a quella che pensava essere sua figlia, si trova un maschietto. Lo stesso, a parti invertite, un'altra madre. Telefonate concitate, poi il nuovo scambio, tutto e bene quel che finisce bene.

 

Cosa hanno in comune i due casi? I bambini certamente, il primo non ce l'ha fatta, gli altri due pure se inconsapevoli, potranno raccontare l'avventura insolita che gli è capitata. Le madri, la prima non consolabile, le altre due disperate per alcuni minuti e con un'insicurezza che avrà bisogno di tempo per essere superata. Gli ospedali, il luogo della cura che diventa quello dell'incubo. Sugli ospedali mi voglio soffermare, quello che è successo non doveva succedere. Punto. Se è successo vuol dire che c'è un problema e questo problema non può essere quello delle persone, le persone sono importanti ma non è questo il posto, al momento. Gli ospedali per chi li ha frequentati si presentano come luoghi che non sono fatti per i malati, la struttura architettonica, molti sono vecchi edifici, è cervellotica. Sembra non ci sia interesse per l'organizzazione dei luoghi, dei percorsi che deve fare l'ammalato. Se arrivi in emergenza magari ti salvano la vita. Ma i due casi con cui ho cominciato non sono emergenze sono cose ordinarie. Il problema è questo: non c'è uno stile nelle cose ordinarie, sembra non ci sia attenzione alle procedure che impediscono gli errori banali, non è solo questione di soldi è una questione culturale e organizzativa. I medici devono salvare le persone, l'organizzazione non necessariamente deve essere roba loro, per l'organizzazione ci sono gli specialisti. Gli specialisti, se lo sono davvero, discutono con le persone che lavorano, chiedono consiglio su come la scienza si coniuga con la pratica, per correggere gli errori non per punire. Contrariamente a quanto si pensa più c'è partecipazione da parte di chi lavora, meno resistenza si registra alle innovazioni organizzative. Chi lavora non è solo braccia, deve capire a cosa serve quello che gli si chiede. Se qualcuno ha sbagliato deve essere punito, sia chiaro, ma se non capisci perché c'è stato l'errore, allora ce ne saranno altri. Ognuno di noi varcando la soglia di un ospedale penserà la stessa cosa che si pensa quando compra il biglietto della lotteria: speriamo bene.

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