Maddechè: Riforma pubblica amministrazione il capolavoro di Renzi - Madia da lavoratori a soldatini

Ho visto in anteprima i testi della riforma della pubblica amministrazione, il decreto legge e il disegno di legge che modificheranno il modo di lavorare negli uffici che spesso impropriamente ma per capirci, definiamo statali. Una prima cosa salta agli occhi, il disegno di legge delega è composto da 16 pagine e 12 articoli, non posso dire che sia tutto sbagliato o tutto da rifare, ci sono i principi generali che dovranno essere seguiti nelle norme che seguiranno. Il decreto legge è composto da 35 pagine e 39 articoli, le cose urgenti evidentemente sono tante. Il disegno di legge contiene riferimenti ai sindacati, alle organizzazioni sindacali o qualunque altro sinonimo,


soltanto una volta, in senso negativo: non possono essere designati da organizzazioni sindacali, incompatibili con cariche sindacali. La delega per la riforma della pubblica amministrazione non prevede la partecipazione dei rappresentanti dei lavoratori, neanche di striscio. Il decreto legge è in questo senso più generoso, compare quattro volte il termine sindacali: una volta per l'incompatibilità, tre volte all'articolo 8 quando vengono dimezzate le libertà sindacali, i permessi, i distacchi.

Ci vuole un bel coraggio a chiamare riforma una cosa del genere.

Veniamo al merito, ciò che emerge nero su bianco a proposito della condizione concreta delle persone che lavorano: nel decreto si stabilisce all'articolo 4 la mobilità entro cinquanta chilometri perchè, con una certa luciferina intelligenza, non sarebbe più un trasferimento fra due unità produttive ma uno spostamento nell'ambito della stessa unità produttiva, si amplia poi il concetto di unità produttiva e lo si fa diventare qualunque ufficio pubblico. Niente si dice sulla eventuale formazione per il cambio di lavoro ad esempio da un ministero ad un altro, niente si dice su un processo di aiuto a chi dovrebbe spostarsi da un posto all'altro, nulla si dice sui criteri per cui questo spostamento dovrebbe avvenire se ad esempio dovrà spostarsi il più giovane oppure il più vecchio o quello che ha famiglia. D'altra parte se non nomini i sindacati un motivo ci deve essere. L'articolo 5 invece parla del cambio di mansioni: se sei un pubblico dipendente inserito nelle liste di disponibilità perchè sei in esubero nella tua amministrazione, sei mesi prima che scada il momento del licenziamento puoi andare in altra amministrazione con una mansione più bassa. Se devo scegliere fra bere e affogare io scelgo di bere, mica sono scemo, se tu non dici e infatti il decreto non lo dice, che la tua retribuzione resta invariata, vuol dire che insieme alla mansione per la quale sei stato selezionato, ti si abbassa pure la retribuzione. Se qualcuno chiama ricatto questa cosa, non io per carità, è vicino al vero. Terzo punto per non caricare troppo: la questione dei permessi e dei distacchi sindacali, via il cinquanta per cento dal primo agosto 2014. In effetti con quello che rimarrà forse sono pure troppi. Con un tratto di penna si passa sopra al processo di modernizzazione della pubblica amministrazione, alla contrattualizzazione del rapporto di lavoro, si allontana il lavoro pubblico da quello privato in maniera siderale. Marchionne per fare i suoi interessi ha dovuto disdire il contratto che aveva sottoscritto, non aveva la possibilità di fare una legge. Il governo dice chiaro e tondo: non sono un padrone come gli altri, io sui contratti, anche quelli più delicati che disciplinano le libertà delle mie controparti, ci piscio sopra. D'altra parte aveva cominciato Brunetta a rilegificare il rapporto di lavoro pubblico, l'accoppiata Renzi – Madia conclude l'opera. Il sindacato, la partecipazione dei lavoratori non serve più, la contrattazione come strumento per cacciare la politica dai servizi pubblici viene cancellata. Si ritorna ai tempi andati, la Madia ha utilizzato una bella espressione il lavoratore pubblico come lavoratore della Repubblica. E' stata imprecisa, doveva dire: soldatino della Repubblica, si può comandare da una caserma all'altra, oggi a sparare domani di guardia al mitico bidone.

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