L'inaugurazione - di Nonpercaso -

Non chiedetemi come mai quest'anno ho assistito come invitato alla cerimonia per l'inaugurazione dell'anno scolastico, all'interno del cortile del Quirinale, tra classi vocianti, insegnanti affannate e il solerte


cerimoniale a sistemare tutti, autorità comprese, prima che iniziasse lo spettacolo.

Ogni appuntamento istituzionale che coinvolge ragazzi e istituzioni scolastiche è per tradizione una carrellata di buoni sentimenti, di pedagogia di facciata, di premialitá meritocratica. E certo a questo non si può sottrarre l'evento più importante, quello che vedrà la passerella delle istituzioni piu importanti alle prese con il decalogo delle buone intenzioni che deve segnare ogni nuovo inizio.

Ma il senso delle mie scontate aspettative si infrange subito con una variabile non prevista da un neofita, ovvero la diretta televisiva su rai uno, una diretta di ben tre ore, un'eternità nei tempi mediatici.

Subito la platea di studenti in gita, presidi, sindacalisti, insegnanti, politici di vaglia, viene trasformata da un'autorevole voce in regia in un pubblico televisivo, disciplinato ed entusiasta allo stesso tempo.

L'evento, in mano al bravo presentatore Frizzi, scivola così, come uno spettacolo di intrattenimento della domenica pomeriggio, nazional popolare il giusto, con una passerella che va dal gruppo idolo dei teenagers ai canti multietnici degli alunni del profondo nord, segno della ritrovata multiculturalitá della nostra scuola, passando per il comico di vaglia, il format televisivo strappalacrime, gli atleti dell'Italia vincente. Il tutto sotto la regia sapiente della televisione che detta i tempi persino agli interventi di Ministro e Presidente, diluendo il noioso istituzionale nell'intrattenimento bonario e incombendo sul pubblico con carrellate alla ricerca di volti entusiasti e multirazziali.

Un'esplosione di volemose bene che la regia televisiva rende caramellosa e incarta per il pubblico a casa, segnando un nuovo confine tra il sacro e il profano e trasformando un messaggio pedagogico in uno spot pubblicitario.

Mi ritrovo a misurare la distanza tra questa rappresentazione e la realtà, da fuori giungono gli echi di conflitti etnici nelle periferie romane e questo autunno sta assumendo i colori forti del conflitto sociale. La crisi economica viene citata solo di striscio nei ragionamenti istituzionali, i tagli ai bilanci sembrano un brutto ricordo, la convivenza multiculturale appare come un obiettivo raggiunto. Il tutto spruzzato con l'enfasi giovanilistica della nuova sinistra del potere che si coniuga con quella vecchia e vincente del Presidente, ormai immortale e trasfigurato dalla lunghezza del suo mandato.

Insomma ho assistito ad uno spettacolo di questa nuova Italia, quella che vorrebbe essere e non sarà perche non è. Ed allo stesso tempo quello che è diventata, un grande pubblico televisivo a cui ogni tanto consegnare una paletta per il voto, dare i tre minuti di celebrità, strappare lacrime e risate, confezionare buoni sentimenti e immagini edulcorate. Dove la funzione pedagogica della televisione supera ed assorbe quella della scuola, mutuandone i temi e banalizzandone il messaggio.

Frizzi a braccetto con il Presidente, ormai nove anni insieme, due vecchi amici, mi consegna l'ultima imbarazzante immagine prima di scivolare via, sperando che il mio volto perplesso sia sfuggito alle carrellate. Il traffico romano mi inghiotte come uno spot pubblicitario. Una breve pausa dalla realtà, mi dico. Non basta per consolare il mio disagio.

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