25 ottobre a Roma: diritti in piedi

Avvertenza: discorso immaginario di un delegato a piazza San Giovanni, è emozionato, c'è tanta gente.

 

Siamo qui, in questa piazza, c'è un perché. Siamo donne e uomini, lavoratori pubblici e privati, disoccupati, precari, pensionati. Siamo qui e c'è una ragione: ci riconosciamo, ci


guardiamo in faccia, ci odoriamo perfino e siamo uguali e in cerca di uguaglianza, siamo qui e non siamo nemici fra noi. Hanno provato e ci stanno provando a mettere i giovani contro gli anziani, i disoccupati contro gli occupati, i precari contro quelli a tempo indeterminato, il sindacato è oggi indicato come il nemico numero uno, il responsabile della crisi, il responsabile della precarietà e della disoccupazione. Hanno pure inventato una frasetta: “dove eravate voi?”. Lo possiamo dire con certezza: doveravamo. Facevamo cioè il nostro dovere, stavamo nei luoghi da dove ci volete espellere come prezzo da pagare alla vostra crisi, cercavamo di fare la nostra parte per mandare avanti le imprese, gli uffici, le istituzioni e doveravamo con sempre minori garanzie e minori salari. Noi doveravamo in quei posti, il sindacato doverava nei luoghi dove poteva, qualche volta è stato seguito, qualche volta è stato diviso, spesso è stato lasciato solo ad opporsi al vostro stare immancabilmente dall'altra parte. Certo anche il sindacato ha sbagliato, lo voglio dire da questa piazza sindacale, ha sbagliato a darvi retta, a credere che ci fosse del buono nel vostro reclamare i nostri sacrifici. Il sindacato ha sbagliato a credere che i sacrifici che ci avete chiesto servissero a qualche cosa, invece no, è sempre più chiaro ogni momento di più, i nostri salari, i nostri diritti nutrono un mostro che ha sempre fame e più mangia più vuol mangiare. Da questa piazza ve lo voglio dire chiaro, il vostro mostro, il dio mercato di cui siete i sacerdoti, può cominciare il digiuno, questa piazza ve lo dice chiaro: basta sacrifici al vostro dio.

Stiamo qui e ci guardiamo, ci annusiamo perfino, nonostante il tempo stiamo dritti ad aspettare il comizio finale, stiamo dritti si potrebbe dire siamo diritti, la manifestazione plastica di persone, non cifre, non pezzi di diagramma, non righe in una relazione dell'ufficio studi di confindustria o della banca centrale europea, siamo persone non risorse umane. Le persone hanno diritti, ve lo diciamo chiaro da questa piazza mentre insieme, senza nemici fra noi stiamo dritti, nonostante il tempo. Diritti in piedi, al lavoro ma non un lavoro che poi ci fa morire come topi dentro un forno mal regolato di un'acciaieria, al lavoro ma non un lavoro col bollino della scadenza, al lavoro ma non un lavoro che ci impedisca di amare i nostri amati. Voi proponete per il nostro bene la libertà di licenziare a capriccio, dovreste vergognarvi solo a pensare a queste soluzioni, la politica non può essere l'arte di fregare sempre gli stessi, da questa piazza ve lo diciamo chiaro. Scusatemi compagni e compagne che siete venuti da tanto lontano in questa piazza romana, nella nostra piazza romana, vorrei dire ancora tante cose, sulla salute, sugli stipendi che non bastano mai, sulle scuole, sul fatto che siamo persone e non numeri e come persona, proprio come persona dico che la cosa più importante è la dignità, quando ci chiedono dove eravamo parlano alla nostra dignità, ci considerano meno di niente. Non può essere e non risponderò più a chi chiede dove eravamo noi. Son forse gli operai a governare le fabbriche? Gli impiegati a dirigere gli uffici? E le scuole e gli ospedali? Chi comanda? Non noi che siamo in questa piazza e da questa piazza diciamo basta. Dirò soltanto: domandatevi piuttosto dove saremo  domani, proprio noi che siamo qui, diritti e in piedi.

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