Violenza sulle donne.Maschi? Azioni e prevenzioni. - di Adasberg -

A Latina agente di polizia penitenziaria uccide la moglie e poi si spara. E’ il titolo di uno scarno comunicato nel giornale di qualche giorno fa. Fatti di cronaca a cui non si presta quasi più attenzione, poiché succedono così di frequente da sembrare quasi ordinari.I telegiornali dedicano spazio a questi avvenimenti, trasmettendo frammenti di storie, immagini di volti e case, interviste a familiari e conoscenti, ma danno risalto al dolore e al dramma senza riflessioni ulteriori. Talvolta ne consegue un effetto straniante, come se lo spettatore stesse assistendo alla puntata di una fiction.

Non hanno la stessa esposizione mediatica, invece, le esperienze di coloro che lavorano sul campo nelle strutture protette, nelle comunità di recupero, nei centri antiviolenza, o prestano gratuitamente servizio come



volontari al “telefono donna”.Ciò che viene trasmesso all’opinione pubblica, pertanto, è la conoscenza approssimativa di un fenomeno in forte crescita, verso cui si è attivata una campagna di sensibilizzazione, dai libri a tema agli spettacoli teatrali, senza arrivare tuttavia a una sintesi d’insieme che possa fornire oggettivi strumenti di valutazione per un pronto intervento in caso di pericolo.

Sappiamo che i comportamenti aggressivi e violenti sono mossi dalla paura, dal senso ineluttabile di perdita e sconfitta, e da una bassissima soglia di sopportazione del dolore, che viene vissuto come lesione emotiva permanente, senza speranza di riscatto.

L’accentuarsi vertiginoso di omicidi non può più essere considerato la manifestazione di un episodio isolato di follia, quanto piuttosto l’incapacità di comunicare un disagio affettivo profondo, che la persona vive in completa solitudine e isolamento, fino ad esserne travolta e a travolgere coloro che ama. L’orientamento individualista della società contemporanea, e la crescente distanza da quella che un tempo veniva considerata la dimensione comunitaria del vissuto sociale, accentuano l’insorgenza e l’esplosione dei fenomeni di violenza.

Ogni episodio critico si preannuncia con segnali di allarme attraverso la comunicazione non verbale, riconoscibili in un rapporto di relazione autentica, tuttavia sempre più spesso trascurati, sottovalutati o addirittura ignorati, con l’effetto di una frustrazione e di un allontanamento crescenti.

Cosa possiamo fare? Qual è il comportamento da adottare, in un caso del genere? E cosa possiamo rispondere, se qualcuno ci rivolge una richiesta d’aiuto?

Credo che la risposta più adeguata sia: restare sempre in ascolto, e farsi guidare dall’istinto. Se l’istinto ci dice che stiamo correndo un pericolo, dobbiamo allontanarci senza remore e non vergognarci a chiedere aiuto a persone qualificate, per metterci in salvo. Non possiamo pensare di essere in grado di gestire la situazione, perché non è destinata a cambiare nel breve periodo: le conseguenze del disagio di chi ci sta accanto non sono prevedibili, né dipendono dai nostri comportamenti.

Per quanto riguarda, invece, il problema del comportamento possessivo o ossessivo che si trasforma in violenza e cancellazione della vita umana, non resta che intervenire con l’approccio ad una nuova educazione sentimentale, con il supporto di un terapeuta nel caso sia necessario. Potrà sembrare un concetto desueto, ottocentesco e poco appetibile, ma la sfera emotiva e affettiva del “sentire” impronta e influenza moltissime nostre azioni, anche quelle apparentemente più banali.

C’è inoltre una dimensione culturale che non può essere trascurata. Negli anni essa è cambiata sostanzialmente, lasciando qualcuno sprovvisto del ruolo tradizionale e delle sue certezze, e privo di un adeguato allenamento per sopportare e ammortizzare in maniera costruttiva i cambiamenti in atto. Di questo disagio possono farsi carico tutte le istituzioni: la scuola, la parrocchia, gli organi politici e la famiglia. Servono atti di indirizzo e politiche comuni, affinché sia chiaro a tutti il comportamento da adottare e si produca un effetto virtuoso nei meccanismi di funzionamento della mente umana, che più del cuore è sollecitata a sbalzi repentini, e talvolta irrimediabili.




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Commenti: 1
  • #1

    Elisa (mercoledì, 19 novembre 2014 16:25)

    in una società in cui non esite più giocare in oratorio o in cortile ma a casa spesso da soli davanti ad un computer è difficile parlare di assemblee di persone di qualsiasi tipo che si confrontano moralmente e socialmente
    l'isolamento soggettivo è il risultato di questi tempi
    e credo che non ci sarà un'inversione di tendenza