Pensioni d'oro, di platino e quello che non si vede. Ancora? - di Grugno -

Prima ci siamo fatti prendere dalle pensioni d’oro, adesso rischiamo di farci prendere dal furore ideologico contro le cosiddette pensioni di platino. Stando alla stampa


riguarderebbero circa 160.000 persone.

Se si ripete lo stesso errore si corre il rischio di vedere milioni di persone danneggiati dai provvedimenti che si paventano e leggiamo sui quotidiani.

Gli stessi tecnici che scrissero la riforma pensionistica del 2011 si accorgono solo oggi di una presunta anomalia contenuta nella stessa legge. È proprio strano, possibile che sia accaduto ciò quando sarebbe stata sufficiente una matrice in Excel (max 1 ora di lavoro!) per vedere quanto oggi viene scandalisticamente denunciato dai quotidiani (si tratta della classica velina ministeriale?). Non credo, non posso credere che tecnici altamente qualificati come quelli del tesoro, del lavoro e dell’Inps abbiano preso un abbaglio così eclatante. Penso invece che, surrettiziamente, si voglia effettuare un ulteriore intervento sulle pensioni per fare cassa, ne più ne meno di quanto accaduto con le riforme precedenti; ho idea che con la scusa di un intervento sulle “pensioni di platino”, e con il consenso sciocco dei più, passerebbe un intervento generalizzato con effetti negativi su tutta la platea dei pensionandi.

Scongiuriamo il pericolo di un altro intervento sulle pensioni, pur anche se limitato al solo metodo di calcolo.

Se imponi di lavorare fino a 70 anni (e poi anche oltre) e sostieni si possa iniziare anche a 14 anni, il risultato di un determinato tasso di sostituzione è consequenziale e non è, ripeto non è, prerogativa dei redditi elevati.

Era noto a tutti (!?) che si può maturare un tasso di sostituzione fino al 100% e superiore anche senza avere redditi molto elevati; il meccanismo di calcolo dà questi risultati anche con redditi di partenza, ad esempio, di 20.000 euro annui.

Il mio grido di allarme è dovuto alla eventualità, preoccupante e grave, di un possibile intervento normativo generalizzato sul sistema pensionistico; fra l’altro non condivido neanche un intervento specifico mirato a categorie reddituali.

La legge Fornero e, prima, tutti gli interventi di Sacconi sul sistema pensionistico sono stati odiosi, devastanti, iniqui e controproducenti sull’andamento occupazionale; è indispensabile intervenire quanto meno per alleggerire i requisiti e i tempi di accesso alla pensione. Nel frattempo qualcosina in tema di giustizia e equità sociale correlato alle pensioni si potrebbe fare, riguarda norme che risalgono alla legge Dini del 1995 per i periodi coperti dal sistema contributivo e per il reddito contributivo di riferimento.

Peccato non poter dire che anche stavolta è colpa della odiosa Fornero.

Per anni, un mio amico che ne capisce ha provato a farsi ascoltare in lungo e in largo, purtroppo senza alcun risultato; ma penso che gli esperti ministeriali ne siano pienamente consapevoli, così come sanno che c’è un buco normativo sul sistema di rivalutazione dei montanti contributivi.

Per ultimo, uno sfogo rabbioso: è solo grazie all’insipienza negli anni passati che in questi giorni abbiamo dovuto leggere che un PIL con segno negativo ha effetti sui montanti contributivi e quindi sulle pensioni.

Non era difficile pensare che, teoricamente e non solo, sarebbe potuto accadere e per questo, ogni anno e per molti anni il mio amico che ne capisce, nelle sedi opportune, ha insistito affinché venisse introdotto un meccanismo di salvaguardia che, nella media quinquennale, neutralizzasse gli anni con valore di PIL negativo.

Anche qui, con quale risultato? Niente, nulla; parlava nel deserto, i suoi interlocutori erano tutti ottimisti.

E adesso?


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