Voglio parlare dell'Europa, la tanto vituperata Europa, il vecchio continente di cui siamo parte essenziale per storia
e cultura. Ci pensate a quale grande pensiero c'è dietro al superamento delle frontiere? Chi ci ha messo le mani sapeva il fatto suo perché lo ha fatto in tempi non sospetti e perché lo ha fatto
disinteressatamente. Io sono un italiano, mio figlio è un giovane europeo, le patrie le lascio volentieri ai cultori del piccolo mondo antico. L'Europa ogni
volta l'abbiamo associata polemicamente alle banche e ai banchieri e ne abbiamo avute di ragioni, per ogni cosa brutta abbiamo avuto i nostri governanti a regalarci una frase ormai divenuta idiomatica: ce lo chiede l'Europa. Giustamente uno si rompe le scatole e immagina quei palazzi fra Strasburgo e Bruxelles come il covo di persone che passano il tempo a giocare ad un monopoli insensato e maligno. Abbiamo buttato con leggerezza il bambino e anche l'acqua servita per il bagnetto, l'Europa è divenuta la parola magica utile a giustificare ogni politica antipopolare, non solo da noi ma anche in Grecia oppure in Spagna o in Portogallo. L'Europa l'abbiamo vista come entità astratta, capricciosa e al servizio dei cattivi, non come un terreno nel quale si esercita il conflitto sociale su scala sovranazionale. Stiamo regalando concretamente terreno a tutti quelli che invece di vedere gli altri popoli come fratelli, li vedono come nemici. La cosa brutta è che molti lo fanno dietro una bandiera che vuole unire i proletari di tutto il mondo. Si lo so, ognuno di noi può mettere in campo centocinquanta distinguo e la propria erudizione ma i fatti sono questi. In politica la percezione conta.
Le istituzioni, quindi anche quelle europee sono il prodotto del conflitto sociale, direi che stando da questa parte della barricata non ce la passiamo tanto bene e quindi che un certo segno nelle politiche suggerite ed imposte ai singoli stati, sia stato e sia praticamente inevitabile. Già dimenticavo c'è anche un conflitto fra stati, cioè fra le frazioni dominanti nei vari stati, ma di questo tutti sanno tutto a parte dimenticarsene quando serve. Sostengo la seguente tesi, dobbiamo essere europeisti e contro le politiche che le istituzioni europee propongono, non è neanche tanto difficile, siamo contro le leggi che riteniamo ingiuste, mica siamo contro il Parlamento. Lo so, lo so, sono facili le petizioni di principio, la politica è fatta di polemica sul tamburo dell'attualità e della semplificazione, dici Europa e hai detto tutto, ti risparmi i discorsi e i distinguo. Ma ora mi posso rifare. La sentenza Mascolo, quella di cui si parla in questi giorni, quella dei precari della scuola, gli insegnanti e il personale tecnico e amministrativo viene proprio dall'Europa, è la traduzione di una normativa europea. Che cosa fica, mi sto rotolando dalla felicità, una normativa europea che calpesta tutte le cattiverie che i governanti europei ci hanno propinato, tutta la storia dei lavoratori precari che non potevano essere assunti per i patti di stabilità, per i conti da tenere in ordine per scongiurare il rischio inflazione per impedire l'aumento del deficit, tutte queste cose che hanno riempito i nostri dibattiti e le dichiarazioni di tanti cialtroni al governo del nostro paese sono state polverizzate dalle trentadue pagine ci ci sono arrivate da Lussemburgo. Il principio affermato è il seguente: le politiche di bilancio non possono giustificare il precariato come sistema, Italia non puoi fare come ti pare, non puoi sostituire lavoro strutturale con lavoro precario, non puoi farlo lasciando le persone nell'indeterminatezza. Ora certamente i legali faranno le loro valutazioni, io mi fermo un secondo prima: dove si legge Italia si può leggere qualunque altro paese europeo, dove si legge ministero dell'istruzione si può leggere qualunque altro ministero, dove si legge insegnante si può leggere qualunque altro lavoratore, pubblico o privato, nelle stesse condizioni, per gli insegnanti, graduatorie o non graduatorie.
Ce lo dice l'Europa finalmente non è più una parola sconveniente.
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elisa (martedì, 02 dicembre 2014 17:15)
non avere un lavoro certo significa per certo non poter vivere degnamente ma in tutto questo scenario non ci sono solo i precari - ci sono le centinaie di ditte piccole o grandi che sono costrette a licenziare dipendenti e operai perchè il pubblico non paga. Ospedali e vari che appaltano lavori che la regione non paga e che fanno licenziare e chiudere a rotta di collo.
Prima di darti 20.000 euro di stipendio o pensioni d'oro o benefict di qualsiasi genere forse parassita che non sei altro, prima di tutto tu sei al servizio dei cittadini e quindi devi saldare e pagare, come devi assumere e regolizzare chi è precario da una vita... altro che privilegi del cavolo