Lavoratori delle Province e della Croce Rossa, la sventura di avere a che fare con la Madia, ministro non per caso

I lavoratori stanno occupando le sale delle Province italiane, la cosa è grossa, se ne è accorta anche la grande stampa e addirittura qualche telegiornale ha fatto l'apertura su questa notizia. I dipendenti pubblici non stanno fermi, ci mettono molto a mettersi in moto ma poi fanno le cose seriamente. La posta in gioco è alta: ci sono servizi, non si sa ancora da chi saranno svolti e come, ci sono ventimila posti di lavoro in ballo, ci sono i precari senza sistemazione. Si rischia il trattamento economico e il posto di lavoro. Anche i lavoratori della croce rossa stanno nelle stesse condizioni, posti 

   

di lavoro a rischio, precari senza pace, anche i dipendenti della croce rossa si sono mobilitati da tempo, volevano e vogliono salvare la loro condizione e i servizi che portano avanti, hanno fatto manifestazioni di ogni genere ma non hanno avuto, ancora, la giusta attenzione. C'è in corso un gioco in Italia: parte come sberleffo al settore pubblico, si sviluppa come attacco al lavoro pubblico e diventa impoverimento e incertezza per i servizi e per quelli che li portano avanti. E' un grande spettacolo, quelli che decidono i cambiamenti si affannano a motivarli con il lastricato dell'inferno: sono troppi i livelli istituzionali in Italia, la croce rossa è un carrozzone, ma alla fine vogliono dire solo una cosa: diamo in pasto ai trafficanti di ideologia il colpevole giornaliero e poi freghiamocene delle conseguenze. Hai voglia a dire che il lavoro è la prima cosa caro governante di turno, se le tue azioni concrete sono, per i lavoratori del settore pubblico, impoverimento delle persone e nella peggiore delle ipotesi il loro licenziamento. La buona notizia di questi giorni riguarda i lavoratori pubblici e viene direttamente dalle sale consiliari, se ci si mette in movimento è possibile che le cose si possano modificare, se si rimane fermi è sicuro che il precipizio si avvicina. Pensiamo ai contratti di lavoro, ci sono tanti modi per dire di te non mi frega niente, uno è quello di non rinnovare i contratti, se ci si pensa è un messaggio super efficace: non ti adeguo lo stipendio da sei anni e nel frattempo sono diminuiti quelli che lavorano, quindi, per definizione, lavori di più. Se lavori di più ma lo stipendio non ti è stato adeguato, allora vuol dire che ti pago meno di sei anni fa. Ti ho impoverito e ho svalutato la tua attività. Ma torniamo ai lavoratori delle province, alla buona notizia, in questo momento sono un esempio per tutti gli altri del settore pubblico, finalmente concreto e positivo. Non la disperazione, ma la lotta. Andiamo invece all'altra parte del tavolo il governo e la ministra, chi poteva immaginarlo, Madia. Ebbene, la ministra non per caso, ha convocato una riunione per i prossimi giorni con i sindacati e nel frattempo si è sperticata con la sua faccetta che non posso definire intelligente, a rincuorare i lavoratori: nessuno perderà il posto di lavoro. Con quale faccia la ministra non per caso si permette di insultare la mobilitazione dei lavoratori è veramente un mistero che dovrebbe essere lavato con il lancio del guanto. Che vuol dire la Marianna che starebbe meglio in campagna, i lavoratori occupano perché non hanno niente di meglio da fare? Perpiacere! Devi dire che non avete calcolato gli effetti di un provvedimento come l'abolizione delle Province perché siete del tutto incapaci di una azione razionale. Ancora la Croce Rossa: io sono per la privatizzazione. Dividere i servizi tipici dell'associazione da quelli sanitari e socio sanitari sarebbe secondo me una cosa giusta, lo diceva anche la legge che introdusse la riforma sanitaria nel 1978, ciò però non può voler dire lasciare quattromila persone fra civili militari e precari a casa e/o con una riduzione del trattamento economico vicina al trenta per cento. Il ministero della Madia secondo la legge di privatizzazione doveva occuparsi di una cabina di regia per risolvere il problema degli esuberi, ad oggi e anche a domani non c'è stato niente. Una vergogna. Quindi i dipendenti delle Province hanno ragione di non fidarsi di un governo perdigiorno, i sindacati che andranno all'incontro farebbero bene a portare il precedente Croce Rossa, come simbolo della inettitudine governativa e come problema da risolvere. Per tutto il resto bisogna dire una cosa: deve finire il tempo delle presunte riforme pagate coi sacrifici e i soldi dei lavoratori.


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Commenti: 2
  • #1

    Renato La Manna (sabato, 20 dicembre 2014 21:48)

    Parliamo un pò di rinnovi contrattuali? Benissimo! Parliamo di rinnovi contrattuali Min. Giustizia? Benissimo! Il nostro Governo ultimamente ( ma potremmo dire che il termine "ultimamente" viene usato da decenni, tanto che per i Ministeri il termine è diventato sinonimo di "da ora in poi...") non fa altro che dire che: "non ci sono risorse", "siamo in piena crisi", "dobbiamo, tutti, stringere la cinghia". Mentre, poi ci si accorge che è vero che non ci sono risorse, ma solo per i lavoratori (in particolare, i lavoratori pubblici, che come sapete sono tutti fannulloni); è vero che siamo in piena crisi, ma pare che la crisi colpisca solo i lavoratori (tutti gli altri avranno fatto un vaccino anti-crisi); è vero che dobbiamo stringere la cinghia (ma questa la stringiamo solo noi, ma l'abbiamo stretta così tanto che non c'è spazio per altri buchi cui agganciare la fibbia). Ora, non si fa che parlare di ritardi della giustizia, di cancellerie semivuote (per semivuote intendo di "personale", non di utenti, questi aumentano in continuazione e non accennano a diminuire). A questo punto, vi svelo un segreto di Stato, con l'articolo 61, comma 23, del Decreto Legge 112/08 convertito in Legge 133/08 è stato istituito Il Fondo unico di giustizia, appositamente per ricevere le somme di denaro e gli altri proventi relativi a titoli a portatore, crediti pecuniari, conti correnti, libretti di deposito, etc., ed ogni altra attività finanziaria a contenuto monetario o patrimoniale sequestrati e/o confiscati nell’ambito di procedimenti penali, dell'applicazione di misure di prevenzione o di irrogazione di sanzioni amministrative. Confluiscono qui anche somme sequestrate dall'Agenzia delle Dogane e dalla Guardia di finanza nell'ambito delle attività di controllo sul denaro contante in entrata e in uscita ai confini comunitari, i depositi giacenti da 5 anni presso Poste e banche nell'ambito dei processi civili e non reclamati e le somme che, al termine delle procedure fallimentari, non saranno state riscosse dai creditori. Ora, queste somme vanno ripartite tra il Ministero degli Interni ed il Ministero della giustizia (in misura non inferiore ad un terzo ciascuno), mentre la parte rimanente va al bilancio dello Stato. La dotazione del Fondo, nel 2013, è stata di ben 978 milioni di euro, per cui è facile fare i conti. Perchè non destinare parte delle somme all'assunzione di un importante numero di funzionari e cancellieri ed alla riqualificazione del personale ed ai rinnovi contrattuali di persone che da 20 anni non fanno altro che giostrarsi tra urgenze e forte carenza di personale (così, tanto per dargli un contentino)? Vogliamo davvero fare una lotta seria? FACCIAMOLA! DIMOSTRIAMO CHE FACCIAMO SUL SERIO!!!

  • #2

    Renato La Manna (giovedì, 01 gennaio 2015 17:48)

    Renato La Manna
    Ad oc (letterale: ci casca a fogiolo) una poesia di Piero Calamandrei su Albert Kesserling:

    Piero Calamandrei - "Lo avrai, Camerata Kesserling..."

    Processato nel 1947 per crimini di Guerra (Fosse Ardeatine, Marzabotto e altre orrende stragi di innocenti), Albert Kesselring, comandante in capo delle forze armate di occupazione tedesche in Italia, fu condannato a morte. La condanna fu commutata nel carcere a vita. Ma già nel 1952, in considerazione delle sue "gravissime" condizioni di salute, egli fu messo in libertà. Tornato in patria fu accolto come un eroe e un trionfatore dai circoli neonazisti bavaresi, di cui per altri 8 anni fu attivo sostenitore. Pochi giorni dopo il suo rientro a casa Kesselring ebbe l'impudenza di dichiarare pubblicamente che non aveva proprio nulla da rimproverarsi, ma che - anzi - gli italiani dovevano essergli grati per il suo comportamento durante i 18 mesi di occupazione, tanto che avrebbero fatto bene a erigergli... un monumento.

    A tale affermazione rispose Piero Calamandrei, con una famosa epigrafe (recante la data del 4.12.1952, ottavo anniversario del sacrificio di Duccio Galimberti), dettata per una lapide "ad ignominia", collocata nell'atrio del Palazzo Comunale di Cuneo in segno di imperitura protesta per l'avvenuta scarcerazione del criminale nazista. L’epigrafe afferma:


    Lo avrai
    camerata Kesselring
    il monumento che pretendi da noi italiani
    ma con che pietra si costruirà
    a deciderlo tocca a noi.

    Non coi sassi affumicati
    dei borghi inermi straziati dal tuo sterminio
    non colla terra dei cimiteri
    dove i nostri compagni giovinetti
    riposano in serenità
    non colla neve inviolata delle montagne
    che per due inverni ti sfidarono
    non colla primavera di queste valli
    che ti videro fuggire.

    Ma soltanto col silenzio del torturati
    più duro d'ogni macigno
    soltanto con la roccia di questo patto
    giurato fra uomini liberi
    che volontari si adunarono
    per dignità e non per odio
    decisi a riscattare
    la vergogna e il terrore del mondo.

    Su queste strade se vorrai tornare
    ai nostri posti ci ritroverai
    morti e vivi collo stesso impegno
    popolo serrato intorno al monumento
    che si chiama
    ora e sempre
    RESISTENZA

    Testo introduttivo a cura dell'ANPI