TFR: conviene si o no in busta paga? La scelta di Rocco. - di VDB- 

Ve lo ricordate Rocco?

È sempre quel mio carissimo e fraterno amico al quale non ho avuto il coraggio di dirgli il seguito sulle pensioni, ma che qualcuno si è premurato maliziosamente di raccontargli tutto e con 

   

affetto gli ha detto: “certo che hai uno stronzo di amico!”

Fra l’altro, giusto sul tema pensioni, sembra che a giorni verrà fuori una interpretazione Inps/Ministero del lavoro sulla norma incriminata ed ho sentore che ne vedremo delle belle.

Tornando a Rocco. È sempre la persona seria, intelligente e razionale che raccontavo in precedenza; e da persona sensibile e attenta alle difficoltà degli amici mi ha chiamato, chiarendomi che non mi devo sentire responsabile delle cazzate che fanno gli altri e che, anzi, facendo conoscere ed evidenziando i problemi fornisco un aiuto, pur piccolo, ai tanti che non hanno tempo per seguire questi argomenti.

Mi ha rincuorato. Rocco è un grande, un filosofo della quotidianità; ha concluso il suo ragionamento con una sorta di schietto epitaffio: “tu continua a evidenziare i problemi, provando a sensibilizzare anche gli altri che possono risolverlo, se poi non vogliono starti a sentire, ebbene, sono cazzi loro!”

Dopo questa secca dissertazione di Rocco ci siamo messi a parlare degli ultimi avvenimenti, in particolare dell’elezione del Presidente della Repubblica, ma anche di una scelta che dovrà essere fatta nel prossimo mese di marzo. Scegliere cosa fare del proprio TFR, continuare ad accantonarlo o fruirne mensilmente in busta paga. Fra l’altro proprio leggendo i quotidiani di domenica 8 febbraio che parlano dell’argomento gli si è accesa una lampadina di allerta.

Rocco ha tre figli giovani che studiano, come milioni di altri italiani non può permettersi il lusso di disdegnare un incremento del reddito disponibile mensilmente; ma egli percepisce che c’è qualcosa che non quadra in questa storia del TFR in busta paga, ha la sensazione che si tratti di un diabolico scambio fra il “vivi oggi e fregatene” e il “vivi oggi, ma costruisci il domani”.

Dopo la sbornia dell’elezione del Presidente della Repubblica è d’obbligo tornare alle “brutture” della vita quotidiana, prima di farlo io e Rocco abbiamo pensato fosse doveroso rivolgere un augurio di buon lavoro al Presidente Sergio Mattarella che si appresta a prendere per mano un Paese schizofrenico, involuto, superficiale, ma stranamente sempre disponibile a sopportare sacrifici e angherie.

Condizioni che sembrerebbero in antitesi; ci siamo detti che lo può essere per i tedeschi, per i Paesi nordici, ma non per il popolo italiano.

Da sempre questa genia, con radici nobili e antiche, si è caratterizzata per tale distonia manifestandola in ogni occasione: nella vita politica con gli estremi, solo per fare un esempio, Napolitano vs Fiorito; nella vita economica e sociale, nello sport, ecc.

Un popolo capace di generare grandi personaggi in ogni settore, ma anche personaggi quali Arlecchino e Pulcinella di un fascino incommensurabile e di una importanza sociale fondamentale per rilevare e rivelare vizi e virtù degli uomini di ieri e, si può dire, di oggi potenti o meno che siano. Capace però di rimanere prigioniero dei suoi vizi (tanti!) e delle sue virtù (sempre più rare!) tanto da caratterizzarsi per le arlecchinate o pulcinellate quotidiane dei tanti personaggi che calcano le scene politiche e sociali.

Fortuna (?!) ha voluto che almeno nell’occasione dell’elezione del Presidente della Repubblica questo non sia accaduto. Anche Rocco ha avuto le mie stesse sensazioni, ci è sembrato di vivere in un Paese normale con il Segretario del partito di maggioranza che dichiara in quale data renderà pubblico il nominativo del suo candidato e in quale seduta sarà eletto (pensandoci, mi lascia anche un po’ perplesso questo decisionismo!).

Miracolo! Tutto ciò avviene in modo cronografico nei tempi e nei modi dettati dal Segretario Matteo Renzi, un uomo che si sta dimostrando un abile e machiavellico politico. Cosa dirgli, tanto di cappello.

Adesso però torniamo con i piedi per terra e esaminiamo il dilemma che Rocco, insieme a milioni di lavoratori del settore privato, dovrà affrontare nel mese di marzo: scegliere se percepire mensilmente le quote di TFR maturando, oppure proseguire con l’accantonamento classico e avere l’intero TFR alla cessazione del rapporto di lavoro.

Al dunque, nel mese di marzo i dipendenti dovranno decidere se prendersi subito il TFR sapendo che tale scelta sarà irreversibile fino a giugno 2018; sapendo anche che il TFR subito in busta paga si trasforma da “salario differito nel tempo” (e soggetto alla tassazione separata) in reddito corrente e quindi soggetto alla tassazione ordinaria e progressiva.

Sostanzialmente, il TFR in busta paga incrementa il reddito corrente ai fini fiscali (ma non previdenziali, cioè non è utile a determinare la base retributiva utile ai fini pensionistici!) e quindi, oltre a subire il prelievo fiscale con l’aliquota marginale, ha impatto sulle detrazioni da lavoro dipendente e sulle detrazioni per i familiari a carico.

Conviene quindi prendersi subito il TFR seguendo il principio ormai predominante del “pochi, maledetti e subito”, oppure proseguire con l’accantonamento classico o, per chi è iscritto ad un Fondo di previdenza complementare, continuare a versarlo per incrementare la propria posizione individuale presso il Fondo?

Bella e complicata scelta!

In un Paese normale a nessuno sarebbe venuto in mente di mettere le persone di fronte a questo bivio: presente o futuro!

Nel Paese di Pulcinella questo invece diventa la quotidianità; un Paese privo, con poche e rare eccezioni, di visione progettuale per il futuro, incapace di guardare oltre il proprio naso, incapace di fare tesoro delle esperienze passate. Un Paese di memoria corta.

Mentre sproloquiavo sul teorema del più e del meno ai fini fiscali, Rocco, con la sua grazia dialettica, è sbottato: “co’ sti cazzo di discorsi mi stai rincoglionendo, dammi dei numeri, dei valori assoluti su oggi e domani”!

Stavolta però, spaventato anche dalla sua capacità di afferrare in un attimo l’immensa differenza fra cos’è “oggi” e cos’è “domani”, gli ho rivolto io la classica domanda/risposta: “ma per chi cazzo mi hai preso, per il mago Otelma!?”.

Rocco però non demorde, mi sollecita con il suo fare sornione a fornirgli “sti cazzo di numeri”.

Con Rocco è sicuro che perdi, inutile tentare di sottrarsi e quindi cedo e con alcuni esempi mostro cosa può comportare ritirare mensilmente il TFR.

Non sono esclusi da tale scelta coloro che, come dicevamo, hanno già aderito ad un Fondo di previdenza complementare per i quali la fruizione mensile del TFR maturando, oltre agli aspetti fiscali che vedremo, ha come effetti:

  • Il sostanziale congelamento della posizione individuale;

  • La probabile sospensione della contribuzione aggiuntiva a carico del datore poiché di norma essa è legata al versamento del TFR e alla contribuzione del lavoratore;

  • La perdita dei benefici fiscali previsti per la contribuzione e per il TFR versati ad un Fondo di previdenza complementare, basti ricordare che la quota capitale della posizione individuale, all’atto della prestazione, subisce una imposta massima del 15% regressiva fino al 9%.

Utile a tal proposito quanto riportato sul quotidiano La Repubblica che quantifica la perdita in termini “previdenziali” riscuotendo il TFR in busta paga. Per rispondere più compiutamente a Rocco mi concentro sugli aspetti fiscali, con due esempi di composizione familiare:

  1. Coniuge a carico; 1 figlio a carico maggiore di tre anni

Reddito imponibile SENZA TFR = € 23.045,00

Reddito imponibile CON TFR = € 24.876,00

Risultato:

  • Maggior prelievo fiscale € 595,00 + Minore bonus (80 euro) € 420,00 = Totale € 1.015,00

  • TFR lordo = € 1.831,00

  • TFR effettivo netto in busta paga = € 816,00

Il TFR subisce una decurtazione del 55,4% (a ciò si aggiunge la perdita della rivalutazione).

  1. 1 figlio a carico minore di tre anni; 2 figli a carico maggiori di tre anni;

Reddito imponibile SENZA TFR = € 23.273,00

Reddito imponibile CON TFR = € 25.105,00

Risultato:

  • Maggior prelievo fiscale € 600,00 + Minore bonus (80 euro) € 530 = Totale € 1.130,00

  • TFR lordo = € 1.831,00

  • TFR effettivo netto in busta paga = € 700,00

In questo caso il TFR in busta paga subisce una decurtazione del 62% (a cui si aggiunge la mancata rivalutazione).

In conclusione il TFR in busta paga “non paga”, stavolta a Rocco glielo dico io che “il legislatore” insieme a tutti coloro che in un modo o nell’altro, con più o meno distinguo e molto ingenuamente (ma può essere ingenuo un leader politico, sindacale o il capo della Confindustria?), hanno premuto per avere il TFR in busta paga in qualche modo lo stanno raggirando.

Caro Rocco, il TFR in busta paga, a fronte di una pressione fiscale media del 23% per gli esempi prodotti, subisce una riduzione complessiva, sempre per gli esempi di prima, rispettivamente del 55,4% e del 62% a cui aggiungere la perdita della rivalutazione prevista dal Codice civile o nel caso di iscritti alla previdenza complementare che potrebbero contare su una pressione fiscale del 15%.

 

E mo’ caro Rocco, per parafrasarti: sono cazzi tuoi, decidi!

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