Premetto che ormai guardo poco la televisione, ma mi hanno consigliato di seguire un programma culturale su Rai Scuola. Accendo e trovo la faccia di Vittorio Sgarbi, che sta facendo pubblicità alla sua mostra di prossima apertura a
Bologna. Il conduttore della Rai è un giornalista moderatamente ossequioso e preparato, ma non un esperto in materia con gli strumenti adeguati per sostenere un contraddittorio.
Sgarbi può dire qualsiasi cosa, e il fatto che gli sia concesso di usare la tivù di stato per farsi promozione risulta davvero sconcertante. Nessuno ha pensato di invitare un altro storico dell’arte, o magari il direttore di un museo statale o comunale, mentre l’ospite successivo risulta essere un manager delle Scuderie del Quirinale a Roma, che disserta con acume sul successo delle mostre ospitate in quella sede.
La mostra “Da Cimabue a Morandi. Felsina Pittrice”, curata da Sgarbi, nei mesi scorsi ha sollevato molte polemiche, alcune delle quali fondate su elementi probanti. Nell’esposizione è raggruppata una serie di opere di artisti attivi dal Duecento al Novecento a Bologna, alcune delle quali di grande richiamo e in parte prelevate da chiese e musei cittadini. Contro questa iniziativa, accusata di essere priva di valore scientifico e di sottrarre visitatori ai musei pubblici, si è già pronunciato un gruppo di 130 intellettuali firmatari di un appello per la sospensione della mostra. La storia è finita in questo modo: Sgarbi ha querelato tutti i firmatari, il comune di Bologna ha appoggiato con forza l’iniziativa, la mostra ha ottenuto risonanza mediatica e ovviamente è stata inaugurata.
Abbiamo perso l’ennesima occasione per discutere in maniera costruttiva dei nostri mali e delle nostre miserie culturali. Peccato che personaggi come Sgarbi o Goldin, che adotta le stesse strategie comunicative pur avendo minore esposizione mediatica, siano spalleggiati dai comuni italiani che sono primariamente interessati a fare cassa e ad avere un indotto economico.
Nessuno si cura più di valutare la scientificità delle esposizioni e dei progetti culturali. Mi chiedo quanti conoscano il significato della parola scientificità. Inoltre, alcune persone hanno gli strumenti per valutare se una mostra valga dieci o quindici euro di biglietto, se sia veramente meritevole, se ci siano delle possibili alternative di scelta, mentre altri non li hanno. Oppure, banalmente, demandano la scelta senza neppure sforzarsi di prendere autonomamente delle informazioni accurate. Mi domando quanti abbiano mai visto l’Estasi di Santa Cecilia di Raffaello nella Pinacoteca Nazionale di Bologna o la Madonna con il Bambino di Cimabue nella chiesa di Santa Maria dei Servi, prima di osservarli ora nella mostra ideata da Sgarbi. Mi domando quanti cittadini abbiano visitato la Pinacoteca Nazionale, e sappiano che lì possono trovare l’equivalente rispetto alla mostra di Sgarbi: secoli e secoli di pittura, da Giotto a Vitale da Bologna, dalla scuola ferrarese del Quattrocento a Parmigianino, fino ai Carracci. E mi chiedo, ancora, quanti abbiano visitato le chiese, i palazzi, i musei e le piazze di Bologna, magari con una guida del Touring in mano, come si faceva ai vecchi tempi. Purtroppo temo di conoscere la risposta.
Il problema non è dato dall’abbondanza di mostre, ma dalla capacità di scegliere veramente senza essere triturati da martellamenti pubblicitari, da nomi di richiamo e da messaggi illusori.
Nella televisione pubblica dovrebbero essere ospitati anche i funzionari che hanno lavorato per mettere in sicurezza le chiese, gli edifici e le opere d’arte danneggiate dal sisma emiliano. Chi ne parla più? Dov’è lo stato, e perché non si fa promotore delle sue iniziative di tutela e valorizzazione? Quanti sanno che a Mirandola, uno dei centri più colpiti dal sisma, è stata da poco inaugurata una piccola mostra gratuita in cui sono restituite alla cittadinanza tre opere d’arte di grande pregio, danneggiate e ora restaurate. Quanti sanno che alla Pinacoteca Nazionale di Ferrara è visitabile una mostra su Bastianino, talentuoso pittore cinquecentesco locale sconosciuto al grande pubblico, con una serie di opere provenienti dalla chiesa di San Paolo, a sua volta gravemente lesionata dal terremoto.
Bologna e Ferrara, per fare un esempio, sono città splendide e visitabili anche senza spendere soldi in mostre, per chi davvero voglia conoscere il patrimonio artistico italiano.
Chissà perché questo paese permette ancora a certi soggetti di dare lezioni su quello che dobbiamo imparare, di mettere bocca nelle politiche culturali, di fare i propri interessi sparando sentenze sulla pigrizia dei cittadini e sulle inefficienze di uno stato che, purtroppo, a volte è ancora assente, lasciando vuoti in cui si inseriscono abilmente coloro che sanno sfruttare a proprio vantaggio le debolezze e le inefficienze del sistema.
(nella foto: Niccolò dell’Arca, Compianto su Cristo morto, terracotta, seconda metà del XV secolo, particolare. Bologna, chiesa di Santa Maria della Vita)
Scrivi commento