Personale giudiziario. A che punto è la notte? - di Centesimopasso -

Negli ultimi tempi si è registrata nell’ambito del personale della Giustizia una voglia sempre più forte di partecipare attivamente al cambiamento…


Un cambiamento, che nasce da due esigenze in parte divergenti tra loro.

Gli Uffici giudiziari hanno in sé talmente tante competenze, che spesso ci si concentra su alcuni problemi sottovalutandone altri.


La gran parte delle energie è rivolta, anche su sollecitazione del magistrato, verso il 

   

buon andamento delle udienze (), fino all’emissione del provvedimento finale (),sconosciuta o quasi è la fase successiva () alla quale spesso il personale troppo impegnato in questo (udienze ) non riesce a prestare la dovuta attenzione con la necessaria tempestivita’.

 

Del resto anche Le riforme legislative sono tutte incentrate su questo, sulle udienze e sulla definizione, trascurando tutto il resto che spesso costituisce il 50%, o più, dell’attività di cancelleria.

 

Agendo in questi termini, si pensa a conteggiare processi sopravvenuti e definiti, senza tenere conto del numero di schede per il casellario che bisogna redigere per completare il percorso, o la quantità di impugnazioni, o i corpi di reato, o la quantità di liquidazioni o, ancora, la quantità di copie esecutive da rilasciare, o i mandati da emettere o, gli acquisti necessari per fare funzionare gli uffici, o, ancora, i continui rinvii dei processi civili che continuano a verificarsi (non riguardando questi la libertà personale) facendo letteralmente scoppiare le cancellerie, per non parlare dell’accesso del pubblico che nell’attesa di un processo telematico ancora ben lontano dall’essere compiutamente realizzato continua ad affluire incessantemente , o… tantissime altre cose che sarebbe troppo lungo elencare .

 

Ma siccome, come spesso accade, nei nostri uffici, per far fronte ai compiti più urgenti, si tralasciano le cose meno urgenti ma non meno importanti, ecco che accade che ad un numero spropositato di sentenze emesse, negli Uffici “virtuosi”, spesso non corrisponde una altretanto adeguata e tempestiva esecuzione.

Tanto, che importa, è un problema delle cancellerie”.

 

In tutto questo si inserisce la riduzione delle spese ed i relativi tagli per cui, dal 2000 ad oggi, anziché tagliare, dove si dovrebbe, si è tagliato lì, dove il “contraente” è più debole: le spese per il personale amministrativo.

 

Infatti, ad un’organico, pressochè costante del personale di magistratura, il numero del personale amministrativo è stato sensibilmente ridotto, tanto che si è passati da 49.981 (D.P.C.M. in GU n. 267 del 10/11/2000) unità di personale previsto a 43.702 (B.U. Min. Giust. N. 18 del 30.09.2013), con una riduzione di ben 6.279 posti; inoltre, non dimentichiamo che si registra una carenza di circa il 30-40%, infatti nel 2015 si hanno solo 34.647 presenti (dati “Piano delle performance 2014 del Ministero della Giustizia), per cui ecco dimostrato (senza ricorrere a complicate formule matematiche) il perchè le cose non funzionano nella giustizia italiana.

 

Ma la cosa più sconcertante è stata quella di considerare questa forte riduzione del personale amministrativo, come un vanto, come una riduzione di spesa da mostrare come un “fiore all’occhiello” !!!!!!

Ed ecco che, monta la “rabbia” del personale amministrativo, costretto a lavorare per 4, e cio’ nonostante, non riuscendo, ad espletare tutti i compiti che dovrebbe e che vorrebbe.

 

Poi, ci si accorge, che il personale di altre Amministrazioni Pubbliche (Agenzia delle Entrate, Regioni, Enti locali, ecc.) si riqualifica professionalmente (detto in soldoni: fa carriera, “avanzando di grado, con forti riconoscimenti stipendiali”) mentre, nella Giustizia si resta fermi al palo.

 

Ed ecco che, in mancanza di risposte adeguate da parte dell’Amministrazione giudiziaria, il personale cerca di compattarsi, ma in realtà si divide, spesso si “arrabbia” per quisquilie, i lavoratori di un livello economico si schierano contro quelli di un altro livello; molto più spesso, se la prende con chi è dalla parte del lavoratore (generalmente il sindacato). Dimenticando che il sindacato (con tutte le sue pecche) ha il compito di denunciare quello che non va nel mondo del lavoro e di difendere i lavoratori, di qualsiasi categoria, ma (purtroppo) non ha il potere di fare le leggi. Ultimamente, addirittura, viene criminalizzato da tutti e da tutto! Criminalizzazione che si estende, non bisogna mai dimenticarlo, anche agli stessi lavoratori, ed in particolare, ai dipendenti pubblici che, il nostro stesso maggiore “dirigente” (il Ministro) ha chiamato “fannulloni”. La cosa dovrebbe fare riflettere, forse c’è la voglia di dividerci per poterci controllare meglio.

 

Ed è così che in quel personale, che lavora per 4, monta la “rabbia” e la voglia di riscatto. La sensazione che: “Se i problemi non se li risolve da solo, nessuno lo farà per lui”, ma è solo una sensazione, perché da soli (è storicamente provato) non si va da nessuna parte e, sicuramente, non si riesce ad effettuare un efficace “cambiamento”.

 

Non ci si fida di nessuno, “l’uno contro l’altro armato”, e … se qualcuno dissente, viene visto come un nemico, le richieste dei lavoratori diventano le più disparate: Riqualificazioni solo per laureati; riqualificazioni per tutti; riqualificazioni subito, ma, per alcuni. Ed allora, si blocca tutto, come al solito. E, quel Ministero, che una volta ci definì “fannulloni”, comincia a credere che le regole deve cambiarle da solo senza ascoltare nessuno; facendo, come al solito, la scelta più sbagliata, poiché non nasce dalla consultazione delle parti interessate, le uniche parti che conoscono veramente i problemi che andrebbero superati, per la sola ragione che sono i loro problemi!

 

In tutto questo contesto, se non recuperiamo una forte unità di base: “CHE, DIO…CI AIUTI!!!”.

 

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