Legge elettorale, le parole, la guerra e la politica

Non ci sarà modo di far diventare Renato Brunetta alfiere dei diritti del Parlamento, resistente contro il fascismo di Renzi, oppositore di bivacchi e di manipoli, non ci sarà modo perché la sua parte parla per invidia e non per convinzione. Avesse potuto, il centro destra avrebbe fatto di tutto e di più e infatti ogni volta c'è stata la necessità l'ha fatto. Mica le possiamo dimenticare così, 

d'un colpo, le fantasmagoriche riforme dell'era berlusconiana, la riscrittura degli stati di famiglia di capi di stato esteri e via cantando. No, Brunetta non sarà fra i miei eroi, non mi faccio obnubilare dall'opposizione a Renzi, dalla contrarietà alla stragrande maggioranza delle leggi che il governo attuale ha prodotto oppure ha lasciato seccare.

Renzi deve essere battuto, certo, ma non tutte le parole sono buone, non tutti i parlatori vanno bene. Sopratutto le parole, mi concentrerei su quelle per un solo momento. Quante le abbiamo sentite sulla ennesima mutazione genetica di un partito di sinistra qualunque cosa voglia dire di sinistra oggi, nel nostro paese, per ognuno di noi. Quante ne abbiamo sentite sull'arroganza di un giovinotto di incerta professione, sul partito che ormai non c'è più, sulla sostituzione dei parlamentari dalla commissione preposta alla riforma elettorale, Bersani l'ha definita cacciata. Quante ne abbiamo sentite sul partito che non è più lo stesso, sull'inaccettabilità del voto di fiducia, sul pericolo autoritario. Ora l'effetto è quasi automatico, vedi una faccia e sai cosa sta dicendo anche se stacchi l'audio, puoi ricostruire interi dialoghi solo con l'espressione di un occhio di Cuperlo e poi ci pensi un attimo e ti accorgi che hai le palle frantumate.

Urge un breve ripasso: secondo un famosissimo Von, la guerra è la continuazione della politica con altri mezzi, questa preposizione significa che la politica e la guerra seguono le stesse leggi e di volta in volta usano mezzi diversi. La politica è guerra, la guerra è politica. C'è il terreno di scontro, le alleanze, le tattiche, i trucchi, le spie, le strategie, la politica è sublimazione della forza fisica nella sopraffazione dell'avversario. La questione non è simpatica, me ne rendo conto ma qualcuno dovrà pur dirlo, le parole in politica contano quando suscitano un movimento, quando cambiano equilibri quando smettono di essere fiato e diventano comunicazione di una trasformazione possibile. La questione è antipatica, Renzi fa girare i suoi avversari sulla punta del dito indice come un giocatore di basket fa con la palla a spicchi. E' antipatico, lo so ma se non si comprende questo, non si comprende niente.

 

Per me Bersani può rimanere nella ditta, Cuperlo e Fassina possono continuare a dire che uscire dall'aula al momento del voto rappresenta un atto di un qualche valenza, non sarò io a dire cosa devono fare se non l'hanno capito, se nessuno riesce a farglielo capire, vuol dire che il caso è serio. Se pensiamo che l'area cosidetta Bersaniana ha prodotto un documento col quale cinquanta su settanta voteranno la fiducia, non dobbiamo metterla sul terreno morale ormai siamo oltre, la minoranza del PD è minoranza anche dentro se stessa. Perché Renzi dovrebbe ascoltarli? Io non li ascolterei. Avrei potuto scrivere un'invettiva contro l'uno o contro l'altro, non mi diverte neanche questo, quando dico che siamo oltre la questione morale, quando dico che la minoranza PD è minoranza anche dentro se stessa, intendo dire una cosa che non fa ridere: non abbiamo uno straccio di idea che convinca i cittadini italiani a protestare contro quello che si giudica un attacco gravissimo alla democrazia. Ci serve un punto e meno parole. 

vuoi condividere?

Scrivi commento

Commenti: 2
  • #1

    Renato La Manna (mercoledì, 29 aprile 2015 21:27)

    Condivido in toto.
    In effetti è verissimo che "...non abbiamo uno straccio di idea che convinca i cittadini italiani a protestare contro quello che si giudica un attacco gravissimo alla democrazia...".
    O meglio, le idee ci saranno pure, ma si sta perdendo il contatto con la vita reale ed i problemi che affliggono la gente tutti i giorni. E' come se i politici parlassero una lingua diversa dalla nostra.
    Bisogna darci modo di scegliere solo chi parla la nostra stessa lingua!

  • #2

    pier giorgio (giovedì, 30 aprile 2015 09:13)

    Il problema della minoranza dem è che è formata da politici di professione che non vogliono certo tornare a lavorare come i comuni mortali. Per la carità, anche la maggioranza dem è fatta così ma tutti allineati e coperti sulla posizione del capo nessuno di loro rischia il posto. Situazione fluida.