Olio, extravergine o mignotta? Cosa fare nel concreto

La commessa mi guarda di sbiego, certo non è che sia proprio un figo, lei ha i capelli viola, un tatuaggio che le esce dal polsino, una farfalla mi pare, anelli sparsi su tutte le dita, un piercing sul naso, uno sopra le labbra. La commessa ha lo sguardo sveglio, da quella parte del banco si conoscono le persone, il carrello della spesa, la tessera fedeltà, possono essere buoni come un libro di sociologia. Si ho capito ma che cazzo ti guarderai penso io, non ho tatuaggi, non ho orecchini, non ho piercing, vestito normale come sono normali i lavoratori dipendenti a tempo indeterminato da tanti anni, le solite disillusioni, le solite illusioni. 'A Roma, er derby, ce governano 'st'infami, amo fatto amo fatto e mo' se trovamo sti cornuti ar governo e quelli de prima, sa va san dir.

Carta?”

Si carta.”

Altro sguardo che sembra volermi ridere in faccia, tredici euri e paghi pure con la carta, sei proprio un poveraccio.

Lo so da solo, la carta di credito è una grande


invenzione, adesso non c'ho una lira dentro il conto, poi arriva lo stipendio giusto in tempo e tutto se mette a posto. Tanti anni fa si faceva con librone e una frase: che me segna per favore?

Sor Giovanni segnava. Poi ad un certo punto si pagava, non c'era tutta sta plastica in giro, adesso non dici: segni per favore, adesso tiri fuori la carta, la carta lo dice per te.

Meno male, cavolo.

Poi sono arrivato a casa, posi le buste sul tavolo, un sorso al vino novello preso sotto l'ufficio, amabile, corposo, appena svinato, e accendi la televisione. TG 5 parlano dell'olio d'oliva, certi marchi te vendono un certo olio ma mica è quello, è una cosa che nun t'ammazza, ma mica è quella. Mortacci loro, proprio l'olio che prendo sempre io. Ecco perché rideva la commessa, lei magari ce lo sapeva già, per questo c'era l'offerta, non è perché pensa che sono un poveraccio, uno che compra l'olio extravergine d'oliva sotto i quattro euro. Io lo penso a dire il vero, se uno compra l'olio da quattro euro mica può pretendere che sia proprio l'extravergine, in fondo ne sono consapevole, non ho i soldi per quelli da dieci o dodici, per l'olio ligure o quello vero della Sabina, mi prendo quello in offerta e la risatina della commessa tatuata. Limortacci loro però rimane.

Prendo la bottiglia e la guardo con attenzione, colore chiaro, gusto pulito, no quella è un'altra cosa, ma mica sono capace di distinguere un olio da un altro attraverso la bottiglia, se potessi assaggiare quell'altro magari lo capirei, forse lo capirei, mica sono sicuro, mi rendo conto che anche qui quando andiamo a farci esaminare dalle commesse del supermercato facciamo un atto di fiducia illimitata. Ingurgiteremo quello che ci dicono, se non compare la mozzarella blu, sarà sempre una cosa che corrisponde a quello che ci dicono. Stavolta con l'olio extravergine non è così, pago quattro euro, ho capito, ma tu mi hai detto che è extravergine non che è una mignotta, io ho diritto ad avere quello che dici di darmi, cara ditta famosa. Io li ho sentiti quelli che ci hanno spiegato il capitalismo, la concorrenza, la riduzione dei costi a vantaggio del consumatore, bei cazzari. Io ci posso pure stare che spendo quattro euro e l'olio non è quello ligure o quello burino della Sabina, anzi ci sto. Ma tu non mi puoi fregare se dici che è extravergine, deve essere extravergine, olive greche? Lo dici, mi sta bene. Olive tunisine? Lo dici, mi sta bene. Pure le olive calabresi sopporterei, ma che mi prendi per il culo no, non mi deve prendere per il culo. In finale io ancora campo, non sarà sta fregatura a farmi schiattare. Devi schiattare tu, brutto fregarolo marchio famoso di qualità. Io penso che prima di tutto deve esserci una cosa che sia chiara: se scrivi piripumpete e piripumpete deve essere quello, io quella roba la ingurgito, devo sapere che cosa è, è un mio diritto saperlo ed è un mio diritto fidarmi delle cose che leggo scritte su una bottiglia in libera vendita. Se non mi posso fidare di una cosa così elementare possiamo andare tutti ad Ariccia e fare un salto dal famoso ponte. In secundis tu m'hai fregato, io non sono morto ma questo è un dettaglio, il mio organismo si sarà adattato come le lucertole o le lumache, che ne so. Allora, tu m'hai fregato, hai scritto una cosa che non è vera, da quanto tempo non si sa, a quante persone non si sa. Si deve sapere che non potrai più farlo, tutte le bottiglie devono essere ritirate dagli scaffali e sottoposte a nuova e veritiera etichettatura, non bisogna mica distruggere niente, no, no. Scrivi quello che cazzo c'è dentro, abbassi il prezzo, naturalmente, e ognuno decide se comprare oppure no. Infine detto questo, devi sparire, sei un'industria straniera? Fottiti, tu qui non lavori più. Mica semo tutti come i cojoni che se la prendono coi poveracci che scappano dalla fame e dalla guerra, noi a te nun te lasciamo in pace pure se c'hai er macchinone e la cravattina. Tu qui non lavori più significa una cosa semplice, la roba tua passa a noi come risarcimento di un danno non qualificabile alla pubblica salute e uno praticamente irreversibile alla pubblica fiducia. Con queste cose non si scherza, 'sta mano po' esse piuma e po' esse fero. Co' te deve esse fero. Peccato per questi fenomeni che ci governano, sarebbe proprio il momento buono per non essere sempre deboli con i forti. Questa è una vicenda paradigmatica, una cosa che non puoi risorvere con lo scappellamento a destra, o a manca. Anche essendo Antani. La commessa nun c'entra niente, l'ho capito dopo, è strabica, guardava uno coi pantaloni stretti stretti di pelle e il gilè di lana indossato senza niente sotto. I gusti sono gusti, basta saperlo.


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