Doina Matei e le nostre viscere - cosimo arnone -

Il dolore per la perdita di una persona cara è inestinguibile. Se succede per causa violenta forse ancor di più, vorresti spaccare tutto e in primo luogo vorresti causare al colpevole o alla colpevole, lo stesso dolore che senti tu. Vorresti che anche i suoi congiunti i suoi amici provassero proprio quello che provi tu. E' un sentimento umano, secondo me ineliminabile. Dopo subentra la consapevolezza nella maggioranza di noi, il fatto che soffra qualche altro incolpevole non allevia, neanche un po' la nostra sofferenza. La nostra sofferenza è proprio nostra, diversa da quella di tutti gli altri. Ad un certo punto diventa sentimento intimo, non diminuisce, ma la vita riprende il suo corso, ci pensi, qualche volte ti fai

 

delle domande, altre volte invece semplicemente capisci che è andata storta qualche cosa di quelle che vanno storte a migliaia ogni giorno. Capita che all'improvviso arrivi l'inverno, qualcuno ti dice che l'assassina è libera, quasi, che sta al mare, che si è fatta una foto e che in questa foto, ride. Se sei un genitore ti ritorna su tutto, ripensi a tua figlia trafitta da un ombrello nella metropolitana sudicia di Roma chissà perché, chissà per cosa. Viene fuori perché c'è gente specializzata per farlo che il sorriso di un colpevole semilibero è l'insulto alla memoria della vittima, viene fuori che chi sorride dopo nove anni di galera con la prospettiva di farne altri sette, non può essere pentito dell'orrore provocato, non può star fuori, non ha diritto ai benefici di una buona condotta, non si è reinserita, rieducata. C'è gente che è specializzata in questo. Roba buonissia a riscatenare il dolore in una famiglia, ottima per riempire qualche pagina di giornale, qualche editorialino educato, trasmissioni televisive e radiofoniche a gridare che è scandaloso, che è incredibile. La vittima è Vanessa, ragazza romana. La colpevole è Doina, ragazza romena. Il padre della vittima ha dichiarato che vorrebbe la pena di morte, lo capisco. Tanti genitori si sarebbero espressi in quella maniera se tu gli presenti la colpevole come una iena mentre infierisce sulla carogna, in altri paesi i colpevoli vengono consegnati alla famiglia della vittima, che ci vuole basta impacchettarla Doina e consegnarla, qualcuno provvederà con un ombrello o altro idoneo mezzo a fare ciò che Vanessa ha subito. E' questo il punto a cui si vuole arrivare? In Calabria e in Sardegna allora siamo stati precursori, questa pratica si chiama faida, ti hanno ammazzato uno della famiglia e tu ammazzi uno della loro famiglia, all'improvviso anche a distanza di anni, Fabrizio De Andrè ci scrisse una canzone memorabile su queste vendette la cui origine ormai sfuggiva pure a chi le praticava. La strada non può essere questa, non può essere la strada giusta neanche la sospensione della misura di detenzione attenuata ottenuta da Doina, dopo aver scontato più di metà della pena. Anzi mi voglio spiegare meglio: se la colpevole ha violato una prescrizione, fatti suoi, deve ritornare dentro e tanti saluti, se la violazione è un sorriso, una foto, la pubblicazione su un social network, l'indignazione della cosidetta pubblica opinione, allora non va bene. Il magistrato di sorveglianza di Venezia ha proprio sbagliato. C'è stata condanna, non ne discuto l'entità è stata decisa secondo le regole dopo tre gradi di giudizio, ma, la condanna non può contenere anche la fine dell'umanità del reo, non essere una persona che ha sbagliato ma uno sbaglio di persona. La vittima non ci sarà restituita, il dolore provocato dalla sua morte, per chi l'ha amata, inestinguibile, la cancellazione di un sorriso sarebbe un' altra tragedia, per tutti, per noi che non vogliamo che le persone litighino in una metropolitana sudicia e che troppe volte diciamo con leggerezza, t'ammazzo.

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