Il sindacato sono i lavoratori stessi. - Renato La Manna-

 

Nei lavoratori, ultimamente si registra una disaffezione verso i sindacati.

 

Spesso il sindacalista viene visto come uno che avvantaggia se stesso a discapito degli interessi dei lavoratori.

 

Io da sindacalista e da lavoratore posso assicurare che non sempre è così, e come me ne conosco tantissimi che lottano e si spendono ogni giorno contro ingiustizie di ogni tipo.

 

Lavoro in un piccolo tribunale dove, posso dire con franchezza, in questo momento non vi sono

problemi particolari (salvo la solita “traumatica” carenza di personale).

 

Vi sono stati periodi migliori e ve ne sono stati di “infernali”. Questo è un periodo intermedio.

 

Però, i problemi sono sempre alle porte: riorganizzazione degli uffici, pensionamenti senza sostituzione di personale, il lavoro che aumenta a vista d’occhio, soppressione di uffici all’orizzonte, e non basterebbe un tomo a descrivere tutto il resto.

 

Ma, tutto questo, porta ad una disaffezione dei lavoratori verso i sindacati.

 

E peggio si sta nel luogo di lavoro, più cresce la disaffezione.

 

A questo si aggiunge l’attacco serrato ai sindacati da parte degli ultimi Governi, come se il sindacato costituisse un’entità, per così dire, che costituisce una forma di “disturbo al conducente”.

 

Io (nel mio piccolissimo) ho provato a fare un esperimento, previsto dallo statuto della CGIL ossia coinvolgere i lavoratori iscritti al (mio) sindacato, nelle scelte da effettuare.

 

Intanto, partiamo da un presupposto, non credo nelle divisioni interne (o meglio, non credo assolutissimamente, alla proliferazione di minoranze interne).

 

Credo, invece, fermamente che tutto vada discusso, poi bisogna scegliere una linea comune ed unitaria, anche se può non piacere a livello personale.

 

Cioè, il proprio dissenso va coordinato con ciò che pensano gli altri membri del gruppo; naturalmente, non bisogna “emarginare” chi mostra di pensarla in modo diverso, ma la vera forza di un sindacato sta nel restare uniti, se no parliamo di altro. Ma sicuramente, non di sindacato.

 

Del resto i direttivi (ed i vertici) vanno (e devono) essere necessariamente scelti dagli iscritti, che sono (e, devono essere) liberi di agire come meglio credono.

 

Detto questo, torniamo al mio piccolo esperimento:

 

Ho premesso che lavoro in un Tribunale (di dimensione medie):

 

Vi sono 34 lavoratori al Tribunale – 8 all’Unep – 24 in Procura. A questi si aggiungono 21 dipendenti distaccati dalla Regione Sicilia.

 

La carenza è altissima (circa il 35%), per cui il livello di insoddisfazione dei lavoratori è elevato (il tutto si tramuta in una disaffezione verso i sindacati, anche grazie agli attacchi cui accennavo).

 

Quindi: su 87 lavoratori con diritto di voto, il mio sindacato (CGIL) ha ottenuto 26 voti di lista, ossia il 30% circa.

 

Gli iscritti appartenenti alla Funzione Pubblica CGIL (quindi solo i ministeriali), attualmente sono 9 su 66, ossia il 14 % circa.

 

I lavoratori sindacalizzati (escludendo i regionali, che hanno un loro sindacato EE.LL.) sono circa 30 (ossia il 45% dei lavoratori, quindi è una quota molto alta di iscritti, ma sicuramente inferiore a qualche anno fa). Per cui i nostri iscritti costituiscono circa il 30% dei lavoratori sindacalizzati (sono presenti 4 sindacati: CGIL, CISL, UIL e Confsal ex SAG-UNSA).

 

 

 

Ora, su mia iniziativa, scartabellando lo statuto del mio sindacato, ho provato a riunire gli iscritti (ripeto, nel mio piccolo mondo) ed abbiamo creato un coordinamento con un coordinatore, diciamo generale (mi fa ridere la stessa parola) e dei coordinatori di settore.

 

La motivazione, come dice lo statuto della CGIL, è quella di coinvolgere tutti nelle scelte organizzative e di azione.

 

L’esperimento è ancora agli inizi, ma sta interessando le persone, chissà che un lavoro organizzativo del genere non riesca a funzionare, per fare capire ai lavoratori tutti, che il sindacato sono gli iscritti stessi!

 

 

 

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