I poveri mi stanno antipatici. - cosimo arnone -

Io incontro i poveri. Più spesso di quanto vorrei. Per questo sono incazzato. C’è quello che faceva un lavorone e si è trovato disoccupato all’improvviso, c’è quello che ancora lavora in una ditta di pulizie, hanno cambiato l’appalto gli hanno

ridotto le ore e siccome prima ci stava risicato, ora non ci sta più dentro con le spese. Un aumento dell’affitto, una separazione, l’automobile che si rompe e si scivola, quasi senza accorgersene, nella povertà. Non è gente nata povera, è gente diventata povera, non è gente ignorante, li senti parlare, ti immagini che abbiano un titolo di studio. Spesso sono cortesi. Timidi. Forse di più.
Sono certo che in gran parte pensano di aver sbagliato qualche cosa, la scelta dello studio, il cambio dell’automobile, quello che sembrava un buon investimento. Quando pensano di aver sbagliato qualche cosa, si vergognano. Li senti che parlano con un’ottava più bassa, se devi entrare in casa si scusano per il disordine a volte non ti chiedono se possono offrirti un caffè. A volte si.
I poveri mi stanno antipatici. Mi stanno antipatici perché quando ci parlo, ogni tre per due devono mettere in mezzo qualcun altro responsabile dei loro guai. I dipendenti pubblici che non fanno niente e nessuno li può licenziare, quelli che lavorano e si lamentano pure, gli extracomunitari che dovrebbero rimanere a casa loro sta cosa me la disse un rumeno. Qualcuno parla dei politici come ne parlerebbe il peggior Crozza, nessuno parla dei calciatori, nessuno parla dei personaggi televisivi, nessuno parla di Marchionne, certo magari ti sparano due bestemmie sulle banche ma lo fanno più per non deludere l’interlocutore. Anche le tasse hanno un loro appeal nelle lamentazioni, curioso il fatto che se la prendano con le tasse e non con chi non le paga, ma anche questo è un classico. Non mi sono antipatici perché hanno perso il lavoro, la ditta ha perso l’appalto, l’automobile si è sfasciata, l’affitto è aumentato, una malattia è arrivata improvvisa come solo le malattie sanno essere, no per questo non mi sono antipatici. Non li considero neanche responsabili di qualche scelta sbagliata. Può succedere, è la vita, nessuno dovrebbe essere inchiodato da un fesseria. I problemi si devono risolvere.
Tuttavia sti poveri mi stanno antipatici, mica godo nel loro sprofondare, anzi a dire il vero ci soffro e per questo li attaccherei al muro, ogni volta che dicono una cazzata, li attaccherei al muro. “ Devi stare zitto! Fermati e pensaci, è inutile che spari cazzate, non ne esci chiamando il Gabibbo, deficiente!” .
I poveri vogliono chiamare il Gabibbo, qualche volta me lo dissero pure in qualche posto di lavoro, lavoratori normali impegnati in una vertenza normale che si volevano mettere a dialogare con un pupazzo grosso e largo. Ok questo me lo sono evitato, poi dissero che avevo un brutto carattere. Quindi dicevo dei poveri, ecco i poveri, se rimangono soli rimangono poveri, magari qualcuno con un po’ di culo se la può pure sfangare, ma il mucchio no. Il mucchio non ha un culo collettivo. Mi stanno antipatici i poveri perché si vergognano e rimangono soli, non si ricercano collettivamente, non ragionano pensando anche agli altri nella stessa condizione, ragionano per se, gli altri, anche quelli nella loro stessa condizione, sono nemici. Questo loro restare soli li condanna alla povertà, la solitudine sociale è la caratteristica omogenea della povertà. Certo, non posso dire ad un povero peggio per te che non ti organizzi con quelli della tua stessa condizione. Quello mi dice che deve mettere insieme il pranzo con la cena, poi si può pensare alla filosofia. Mi sta antipatico, ma ha ragione. Mica perché sta zitto invece di strillare. Un povero che strilla è più facile che passi per pazzo che non per eroe. Ha ragione e introduce il secondo corno del problema cornuto. Si discute tanto di partito, un partito di qua, un partito di la, un partito della vera sinistra, un partito che sia della vera, vera sinistra, un partito della sinistra verissima, si parla del sindacato che deve essere più vicino ai posti di lavoro, più a contatto con i problemi concreti di quelli che lavorano. Questo è il secondo corno, mi ricordo un partito nelle cui sezioni c’era la distribuzione degli abiti dismessi. Io li ho indossati, certi mi stavano bene, pure un paio di bermuda da mare, blu con certi fioroni gialli. Non mi sono vergognato, non ci si vergognava della povertà, sono quelli che la provocano o che ci lucrano che dovrebbero vergognarsi. Ora quel partito non c’è più ma non solo di nome, non c’è più una comunità, non c’è la condivisione del riso e del sale. Quindi e questo vale per tutti quelli che vogliono provarci,politici e sindacalisti: insieme a tutte le grandi battaglie metteteci la ricostruzione di una comunità solidale, non il partito dei poveri che non aderirebbe nessuno, giustamente, ma una struttura, una cosa seria, tanti luoghi organizzati, dove insieme agli insulti al governante di turno si possa dare una risposta ai grandi temi e alla più grande domanda amorosa: hai mangiato? Nessuno deve rimanere digiuno.

mangiare il pane insieme

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