Referendum: tv a tutto volume e rutto libero - cosimo arnone -

La rivoluzione non è un pranzo di gala, diceva quello. Infatti se uno si immagina il tumulto, nel pranzo di gala il tumulto non c’è, se uno si immagina le camicie stappate, al pranzo di gala certo non le trovi e neanche le scarpe rotte o il vento che fischia. Nel pranzo di gala c’è la disciplina, ti devi vestire in un certo modo, ti devi comportare in un certo modo, non puoi toglierti le scarpe lucide, non puoi ridere sguaiatamente, la forchetta da una parte, il coltello dall’altra. Non puoi addentare direttamente la mela, non puoi sbucciare l’arancia con le mani. Niente rumori, è ammesso il brusio, l’ammiccamento, qualche volta il piedino se proprio non se ne può fare a meno, ma nessuno se ne deve accorgere. La politica, prima della rivoluzione, può essere condotta

come un pranzo di gala? Certo, se li metti tutti insieme davanti alla tavola imbandita a parte gli scrofoloni più o meno guardati con malcelato schifo dagli altri, vedrai che è così che vorrebbero stare. La civiltà del confronto delle idee, mi batterò fino alla morte per farti esprimere le tue anche se non le condivido. Si figuri, certo, nella misura in cui. Questo succede nel pranzo di gala, le occasioni ufficiali, quando uno bercia lo zittiscono col silenzio carico di riprovazione. Quando il banchetto non è sul tavolo, si resta al rutto libero. Quella è una puttana, quello è un coglione, la moglie gli mette le corna, lui è frocio. Voi siete un’accozzaglia, voi pure se è per questo. Insomma se non c’è la tovaglia buona, la politica per come la vediamo è un’accozzaglia di parole confliggenti e spesso volgari. Non mi meraviglio, forse c’è stato un periodo con un po’ di pudore in più, ma appunto erano altri tempi, altre selezioni e, sopratutto, il conflitto sociale era elemento costitutivo dei movimenti della società. I politici esprimevano più o meno bene, la parte che li aveva eletti, avevano una bussola. Le parole erano importanti perché legate alla vita concreta. Oggi dicono una cosa alle 13 in tempo per il telegiornale, poi alle 17 è dimenticata e possono dire il contrario sperando che ti venga rimbalzata da qualche altra parte. Chi sei, cosa vuoi ottenere, attraverso quali passaggi, sta roba non conta più, conta se hanno ripreso la dichiarazione, se hai replicato con la giusta efficacia al tuo avversario. Mi sta bene, cioè li conosci e puoi evitarli. Mi dispiace un’altra cosa, la trasformazione dei cittadini in tifosi. Ci piace uno e lo emuliamo, tralasciamo le ragioni e i torti, ci sganasciamo se azzeccano una battuta, la replichiamo. Se incontriamo un tifoso nemico ci comportiamo di conseguenza: pezzo di merda è gettonato molto, deficiente, ignorante. Da una parte l’accozzaglia, dall’altra l’accozzaglia. In mezzo la nostra accozzaglia di parole. La nostra partecipazione è fondamentale per dare l’energia sufficiente a tenere insieme l’intero meccanismo. Accozzagli siamo noi, come negarlo? Accozzaglia sono gli altri, volete negarlo? Ci sono gli artisti per il NO, bravi, e gli artisti per il SI, bravi però grr, i costituzionalisti per il SI e quelli per il NO, insomma, la gente la vede un po’ come meglio crede, se ci comportiamo da tifosi, se pensiamo di essere i detentori dell’unica verità, apriamo le porte ai disastri. Io non posso più vedere i tweet di @iovotono perché ho criticato una loro uscita, mi hanno bloccato. Va bene per carità, un’accozzaglia escludendo si rafforza. Ma insomma è indicativo di un modo del cavolo di intendere la comunicazione: tu dici io devo applaudire. In grande amicizia, vi ringrazio ma ci sghignazzo sopra.
La politica è polemica? Cavolo, si. La politica è anche spietata, devi bastonare il cane che affoga, diceva sempre quello. Naturalmente è tutto figurato, un cane vero lo salvi, non lo bastoni. Tuttavia, c’è una legge fondamentale dei pranzi di gala, la cosa più gradita: lo sgambetto ai camerieri. A tradimento. Al pranzo di gala, i commensali si odiano fra di loro, però più di tutto odiano i camerieri. Noi che tifiamo.

semo n'accozzaglia

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