Quando ho appreso la notizia del commissariamento della CISL FP ad opera della CISL Confederale, mi è venuto spontaneo un eccheccazzo. Dalla notizia non si è capito molto, poi con una breve ricerca ho visto che si trattava di una storia di tessere dichiarate in più, allo scopo, presumibilmente di aumentare l’importanza di quella singola
federazione in quel sindacato confederale.
Messa così, dopo la prima esclamazione, mi sono tranquillizzato. Roba interna ad una associazione che probabilmente sta regolando i propri conti in vista del
prossimo congresso. Stante la situazione, è nell’ordine delle cose che ci siano controlli interni e che questi controlli portino a decisioni, anche dolorose per chi le subisce. Spero, sia detto
per inciso, nessuno di quelli che conosco. Detto questo e so di non essere in maggioranza, preferisco che le questioni interne alle associazioni non riconosciute come i partiti e i sindacati
siano decise secondo le regole dei loro statuti. Naturalmente rubare non è affare interno, in quel caso il discorso cambierebbe, non vorrei essere frainteso.
Tuttavia, a parte lo scombussolamento che il commissariamento porterà sugli iscritti, a parte il ridisegno della geografia del potere dentro quel sindacato, a parte
quello che succederà da domani nei singoli posti di lavoro dove si fa contrattazione, nel merito fa capolino una breve riflessione: la CISL FP fa contratti in gran parte con il settore pubblico.
Nel settore pubblico c’è un sistema di verifica delle deleghe alle singole organizzazioni sindacali dal quale non si scappa, certo non si scappa per 70mila tessere in più o in meno. Quindi le
tessere in più devono venir fuori da qualche altra parte, ho pensato al terzo settore, le cooperative, ho pensato alle tante realtà della sanità privata. Settori che non sono sottoposti al
sistema pubblico della rappresentatività e rappresentanza sindacale. Settori dove gli imprenditori assomigliano tremendamente ai padroni delle ferriere e come tali si comportano a cento
anni di distanza, settori dove le condizioni di lavoro sono ultra precarie, dove si lavora sotto ricatto, dove con un voucher ci pagano una giornata, non un’ora di lavoro, settori dove il
sindacato a volte deve operare in condizioni di clandestinità, in Italia, nel XXI secolo, oggi.
Non mi interessa sapere se è vero quello che viene imputato al gruppo dirigente della CISL FP, non mi alambicco per capire il perché e il percome, non mi metto a
spiare dal buco della serratura. Vorrei fosse evidenziata un’altra cosa: se nel settore privato ci fosse la regolamentazione che c’è in quello pubblico, la vicenda disciplinare in casa CISL, se
sono vere le cose che hanno detto e scritto in queste ore, non sarebbe proprio sorta. E sarebbe stato meglio perché la notizia che passerà, confusa fra il resto, sarà la seguente: i sindacati
fanno gli imbrogli. Hai voglia a distinguere.
La cosa bella è che c’è un accordo in tal senso dal 2014, ma questo accordo non riesce ad essere effettivo, è una cosa che c’è ma che in effetti non c’è. Infatti se
non si arriva ad una norma che obblighi i datori di lavoro a comunicare i dati delle deleghe di ogni sindacato all’INPS, se non si arriva ad una norma che sanzioni i datori di lavoro che
licenziano chi si vuole iscrivere ad un sindacato e lo vuol fare alla luce del sole esercitando un suo diritto costituzionale, il fenomeno delle tessere non certificate, cosidette brevi manu,
rimarrà sempre, sempre rimarrà l’alea di incertezza sulla effettiva rappresentatività in quel certo settore di quel certo sindacato. Questa vicenda riguarda la CISL e sono fatti loro, la
rappresentatività e la rappresentanza nei luoghi di lavoro, riguardano tutti, sarebbe bene non dormirci su.
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