La mancia agli statali. - cosimo arnone-

Il consiglio dei ministri ha dato il via libera a quello che volgarmente viene chiamato il contratto degli statali, si aspetta ora il via libera della Corte dei Conti, poi il contratto sarà operativo e scatteranno gli aumenti, gli arretrati e le previsioni normative per i dipendenti dei ministeri, delle agenzie fiscali e degli enti pubblici non economici. Mentre sono in corso le consultazioni dei lavoratori sull’ipotesi sottoscritta in prossimità dello scorso Natale, la notizia del via libera del governo ha scatenato reazioni della stampa che parlano di mancia elettorale, è inutile riportare le parole esatte, da Il Giornale a Il fatto quotidiano è stato un coro.
Usare la parola mancia relativamente ad un contratto di lavoro, chi offende? E cosa vuol dire?
La mancia è la somma che si lascia ai camerieri dopo il pasto in trattoria, paghi il conto e poi aggiungi una somma a tua discrezione per  quelli che ti hanno servito al tavolo. In questo caso, si potrebbe parlare di mancia se il governo avesse pagato il giusto e poi al giusto avesse aggiunto una somma in più, ingiustificata.
Non è andata così, il governo non ha pagato il giusto. Gli aumenti che arriveranno in busta paga non coprono certo lo scostamento fra le retribuzioni e l’aumento del costo della vita che si è realizzato negli ultimi dieci anni.
Quindi mettiamo almeno le cose al loro posto: gli statali hanno avuto il loro contratto di lavoro bloccato per otto anni, in questi otto anni, non si è visto un titolo in prima pagina rivolto al governo pro tempore che dicesse: che aspettate a trattare? Anche gli statali sono cittadini, oppure no?
Si è realizzato quindi il seguente paradosso: i dipendenti pubblici hanno finanziato col mancato rinnovo dei loro contratti di lavoro le manovre economiche dei governi che si sono succeduti. Il titolo giusto doveva essere: grazie statali per il  contributo che vi abbiamo estorto. Trascorso tutto questo tempo, non era ipotizzabile un ristoro completo di quanto perso. La cifra stabilita, ottantacinque euro, è un punto cui si è giunti credo non in maniera indolore. E' sufficiente? Abbiamo già detto di no. I sindacati dovevano rifiutare di firmare questo contratto?
No, i sindacati dovevano firmare e dovevano firmare anche quelli che non hanno firmato, perché la posta in gioco a questo punto è molto più alta di un aumento contrattuale insufficiente. Dopo otto anni senza contratto, la circostanza più facile a realizzarsi è la certificazione della inutilità del sindacato. Che ci stai a fare se non arrivi mai da nessuna parte? Il contratto andava firmato per affermare in primo luogo che il rapporto di lavoro è regolato da due parti, il governo e il sindacato. Senza contratto resta soltanto un regolatore che nel caso dei pubblici è il governo.
Allora, aumenti a parte il contratto così com’è va bene? Secondo me no, mentre il protocollo da cui trae origine sosteneva delle cose, in primo luogo la supremazia del contratto sulla legge relativamente al rapporto di lavoro, il contratto siglato e in via di approvazione su questo punto è troppo timido. Sbaglia chi dice che la legge Brunetta, madre di ogni sciagura nel pubblico impiego, è stata mandata in soffitta. Non è successo. Ma è stata confermata completamente? No ci sono stati dei passi in avanti in direzione di una sua sconfessione. Sono sufficienti? No, ma è qualcosa.
Io il contratto ai pubblici lo presenterei così: di fronte ad un governo che ha avuto un basso profilo riformistico, che si è rimangiato l’accordo del trenta novembre, davanti a piccoli miglioramenti della situazione normativa e ad un aumento che era quello concretamente possibile, noi abbiamo privilegiato la possibilità di restare in piedi.Non questo sindacato, non questi sindacati,il sindacato strumento di organizzazione dei lavoratori.
Firmiamo il contratto non perché sia astrattamente buono, va bene la propaganda ma ci vuole pure stile. No firmiamo il contratto perché è la possibilità di ripartire da una posizione più avanzata, qual’è la posizione più avanzata: l’esistenza di una struttura collettiva di contrattazione delle condizioni di lavoro. Io lo direi così, semplicemente. Per fare gli accordi bisogna essere in due, la responsabilità dei ritardi è la loro, la responsabilità di aver tradito il protocollo del 30 novembre è la loro.
Anche il sindacato ha le sue responsabilità intendiamoci, ma certo la situazione circostante non è che aiuti. La firma di questo contratto non deve essere vista in maniera statica, il mondo non è un album di fotografie è un film. Una sequenza tira l’altra, bisogna vedere la prospettiva. Diceva qualcuno che da niente non si crea niente. La firma del contratto non può essere vista come un compitino svolto e da archiviare, è l’appiglio dal quale piantare un altro chiodo e continuare a salire.
Poteva andare diversamente? Si poteva ottenere di più?
Io sono piuttosto bravo in una discussione, se mi metti a parlare con un antagonista di livello, faccio la mia figura, su certi argomenti è facile che vinco io.
Un contratto non è così, non è la gara su chi parla meglio, tu lo sbatti al muro delle sue contraddizioni e quello rimbalza. Tu sostieni le tue ragioni e quello si tappa le orecchie. Il contratto è un confronto fra forze. Solo che il governo o i padroni non devono neanche dimostrare la loro, ce l’hanno e basta. Sei tu che devi dimostrare la tua, devi mettere in campo le iniziative che fanno capire al tuo interlocutore la convenienza dell’accordo che proponi tu. Il sindacato in Italia oggi ha questa forza? No. Non manca la volontà, non manca la dedizione e neanche lo studio, ma siamo in un ciclo, ormai storico, che ci vede essere incudine e non martello. Quando sei incudine devi resistere.
Valga a questo scopo la prova contraria, altri sindacati non hanno firmato il contratto. Ebbene sulla base delle loro ragioni hanno per caso messo in campo le iniziative adatte a far cambiare idea al governo e agli altri sindacati, hanno per caso proclamato uno sciopero degli statali contro l’ipotesi di contratto? No, lo sanno anche loro che non avrebbero rispondenza fra i lavoratori e credono di ottenere un vantaggio dicendo che gli altri hanno sbagliato. Anche loro dentro una fotografia e non dentro un film.
John Reed in una pagina che vi invito a cercare, de I dieci giorni che sconvolsero il mondo, descrive il clima della Russia pre rivoluzionaria proprio parlando dei cartelli nei bar: è già umiliante che un uomo serva al tavolo un altro uomo, non umiliatelo ulteriormente lasciando una mancia, non si accettano mance.
Parla di mancia chi è abituato a chiederla.

da incudine devi resistere

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Commenti: 5
  • #1

    Adriano Sgrò (lunedì, 22 gennaio 2018 09:34)

    Condivido! Aggiungerei che sul salario perso non dobbiamo lasciar perdere. Il Sindacato esiste anche per questo!

  • #2

    Cosimo (lunedì, 22 gennaio 2018 12:36)

    Grazie Adriano.

  • #3

    Renato La Manna (lunedì, 22 gennaio 2018 19:24)

    Cosimo Arnone, grande come al solito. Ma io parto da un punto di vista differente: Se un partito o un sindacato non riesce ad essere una valida parte contrattuale, allora deve cambiare. Non credo proprio che un sindacalista che lottava contro il latifondo in Sicilia avrebbe mai accettato un contratto del genere, Basta pensare a uomini come Placido Rizzotto. Avrebbe, invece, combattuto un sistema che, dopo aver risanato (e mica tanto) un bilancio statale dissestato (ricordo che il mancato rinnovo del contratto di lavoro pubblico ha fatto risparmiare allo Stato ben 35 miliardi in 7 anni), da una"mancia che molti considerano una vittoria: "Si abbia, almeno la decenza di non esultare!". Si dice che lo Stato, troppo forte per noi, non ci avrebbe mai concesso più di 80 euro (lorde), che rischiavano di non prendere nulla. Ma il motivo per cui una categoria (debole, presa singolarmente) si unisce in sindacato, e' proprio quello di essere forti. Quindi, delle due l'una: O siamo deboli o, semplicemente, non chiediamo con abbastanza forza. Del resto non si spigherebbe il semplicissimo fatto che 4 banche (guarda caso tutte toscane) riescono a. "scippare" 13 miliardi di euro per evitare un fallimento che esse stesse hanno causato, mentre noi che abbiamo fatto risparmiare 35 miliardi (di cui 13 sono andati proprio alle 4 banche di cui sopra) riceviamo una semplicissima"mancia". Per cui, io dico: "Resistere Si! Ma non così! R.L.

  • #4

    Elisa (martedì, 23 gennaio 2018 16:28)

    Non lo so ' non esiste più la Cgil di una volta perchè non ci sono più gli uomini di una volta... troppa voglia di dialogare e poca di combattere. La Cgil ha bisogno di tanti Landini che sappiano parlare chiaro e arrivare alle persone perchè parlano la stessa lingua con la stessa rabbia. Ecco, i sindacati hanno perso la rabbia. Speriamo bene

  • #5

    Renato La Manna (venerdì, 02 febbraio 2018 22:42)

    Brava Elisa...purtroppo è un dato di fatto